‘E’ stata inopportuna la telefonata del ministro Federica Guidi al compagno per rassicurarlo sul via libera a un emendamento. Ha sbagliato ed è giusto che vada a casa. Ma autorizzare con quell’emendamento il progetto ‘Tempa Rossa’ era sacrosanto e il ministro Maria Elena Boschi ha compiuto un atto dovuto controfirmandolo’, è la linea adottata da Renzi sulla vicenda che ha portato alle dimissioni del ministro allo Sviluppo economico Federica Guidi. ‘La musica è cambiata, ora ci si dimette’, rivendica il premier, che non intende prestare il fianco all’offensiva politica che investe il governo. Il suo governo, rivendica, è diverso da quelli passati, visto che Annamaria Cancellieri, ministro di Letta, non lasciò per un’altra telefonata ‘inopportuna’ ai Ligresti, mentre ieri la prima a dire ‘lascio la carica per opportunità politica’ è stata la Guidi. Qualcosa in Italia è cambiato, dice Renzi, che ‘blinda’ anche la posizione della Boschi che ha agito, spiega, da ministro per i Rapporti con il Parlamento, dove tutti gli emendamenti del governo devono passare da lei. ‘Da regolamento li devo autorizzare’, conferma la stessa Boschi. E difende la scelta di autorizzare il progetto di Tempa Rossa, per lo smaltimento dei rifiuti delle raffinerie nel porto di Taranto: ‘E’ strategico per il Paese e prevede molti occupati al Mezzogiorno, lo rifirmerei domattina’. Ma il passo indietro di Guidi non basta a placare la polemica per quanto emerge dall’inchiesta di Potenza che vede indagato il suo compagno. Non solo infatti l’opposizione accusa il ministro di conflitto d’interessi e annuncia mozioni di sfiducia, perchè emergono meccanismi truffaldini che hanno portato a un risparmio illecito annuo tra i 44 e 110 milioni. Con il passare delle ore e l’emergere dei dettagli dell’inchiesta, le opposizioni si scagliano contro Guidi, mentre il silenzio del governo e della maggioranza appaiono come una presa di distanza. Una lunga e complessa inchiesta della Procura di Potenza accende i riflettori sulla gestione delle attività estrattive del petrolio lucano, al momento bloccate. Sono due i fronti d’indagine, da un lato le emissioni in atmosfera e lo smaltimento dei rifiuti del Centro Olio di Viggiano (Potenza) con gravi reati ambientali causati dal management dell’Eni, e dall’altro le opere per la realizzazione del Centro Olio ‘Tempa Rossa’ della Total, nell’area di Corleto Perticara (Potenza) e gli episodi di corruzione che hanno coinvolto amministratori pubblici e imprenditori, uno di questi ultimi è, appunto, Gemelli, compagno della ministra Guidi che, come è noto, non è indagata. Dopo due anni di indagini di Carabinieri e Polizia, coordinati dai pm di Potenza, Francesco Basentini e Laura Triassi, e dalla pm della Dna, Elisabetta Pugliese, sei persone sono finite ai domiciliari. L’ex sindaco di Corleto Perticara, Rosaria Vicino (Pd), e cinque dipedenti dell’Eni: Vincenzo Lisandrelli, Roberta Angelini, Nicola Allegro, Luca Bagatti e Antonio Cirelli, tutti sospesi dalla compagnia. Due imprenditori sono stati sospesi dalla loro attività per sei mesi e un dirigente della Regione, Salvatore Lambiase, ha ricevuto il divieto di dimora, misura comminata anche all’ex vicesindaco di Corleto Perticara, Giambattista Genovese. Nell’inchiesta in totale sono 60 gli indagati. Fra di loro hanno parlato anche di un ‘essenziale’ emendamento alla legge di stabilità per la costruzione del centro oli della Total. Quello cui avrebbe fatto riferimento la ministra intercettata. Il gip ha anche disposto il sequestro preventivo di alcune vasche del Cova (Centro Olio Val d’Agri) e del pozzo di reiniezione ‘Costa Molina 2’. E’ un provvedimento che ha avuto come conseguenza il blocco dell’attività produttiva in Val d’Agri, pari a 75 mila barili di petrolio al giorno. L’inchiesta ha innescato una bufera politica, culminata con le dimissioni della Guidi, ma il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, ha ricordato in conferenza stampa che le indagini sono iniziate nel 2013 e le richieste di misura cautelare sono state presentate tra agosto e novembre del 2015. Quindi, ha aggiunto, prima del referendum, in tempi non sospetti e non si deve parlare di giustizia a orologeria. Riguardo al centro oli di Viggiano, gli investigatori sostengono che i dirigenti dell’Eni erano ‘consapevoli’del numero di sforamenti dei limiti imposti dalla legge per gli agenti inquinanti, ma agli enti pubblici preposti ai controlli ambientali venivano inviati ‘dati non corrispondenti al vero, parziali o diversi da quelli effettivi’. Dalle conversazioni intercettate emerge un quadro fatto di omissioni e manomissioni tecniche, per non ‘allarmare’ i ‘controllori’, e quindi per evitare verifiche e rallentamenti della produzione. Con riferimento, invece, allo smaltimento dei rifiuti del centro, i manager della compagnia petrolifera avrebbero qualificato in maniera ‘arbitraria e illecita’ i rifiuti pericolosi, utilizzando codici e procedure che li trasformavano in ‘non pericolosi’, con un ‘trattamento non adeguato’ che rendeva il tutto notevolmente più economico. Risultava così decisamente più conveniente per l’Eni utilizzare la procedura di reiniezione, per la quale veniva sfruttata una condotta che dal Cova portava i reflui fino al pozzo ‘Costa Molina 2’ in cui i liquidi venivano pompati a bassissima profondità con una procedura non ammessa per la presenza di sostanze pericolose, e con episodi di alterazione dei campioni delle acque di reiniezione per l’abbattimento dei valori degli idrocarburi. L’inchiesta coinvolge anche numerose aziende appaltatrici in diverse regioni, che avrebbero dovuto smaltire gli scarti pericolosi in impianti specifici, ma spesso risultati non idonei. Secondo i pm, i risparmi ottenuti solo grazie a questo meccanismo illecito vanno calcolati, annualmente, come detto in precedenza, tra i 44 e i 110 milioni. ‘Per risparmiare denaro ci si riduce ad avvelenare un territorio con meccanismi truffaldini’, ha detto Roberti. Riguardo al filone di indagine relativo al nuovo centro oli della Total di ‘Tempa Rossa’, a Corleto Perticara, gli accertamenti della Polizia, che hanno portato l’ex sindaco Vicino ai domiciliari, si sono concentrati su appalti e affidamenti dei lavori e sugli scambi di favori in particolare con riferimento alle assunzioni di personale, condizionate al rilascio delle autorizzazioni per i lavori, con logiche di totale clientelismo. In seguito a questo le opposizioni sono sulle barricate e la minoranza Pd chiede chiarezza. Beppe Grillo suona la carica al grido di ‘Boom, salta tutto’, e le mozioni di sfiducia al governo sono annunciate da Cinque stelle, Lega e Forza Italia. Nel mirino anche il ministro Maria Elena Boschi, con i cinque stelle che chiedono le dimissioni di tutto il governo e fanno sapere che presenteranno una mozione di sfiducia in questo senso. Mozione che la Lega si dice pronta ad appoggiare. Il movimento Cinque Stelle e la Lega ‘chiamano’, tra l’altro, la sinistra dem a votare. Beppe Grillo sul suo profilo facebook con un link rilancia un articolo sul suo blog nel quale chiede le dimissioni del governo per l’inchiesta petrolio. ‘Tutto il governo ha le mani sporche di petrolio, non solo la dimissionaria Guidi. Il M5S presenterà una mozione di sfiducia all’intero governo Renzi. Il gruppo parlamentare al Senato sta già lavorando per il suo deposito’, annuncia Nunzia Catalfo, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato. Anche il capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, è indagato per traffico illecito di rifiuti nell’inchiesta di Potenza che ha già fatto dimettere Federica Guidi.
Roberto Cristiano