‘Non ci sono problemi nel Pd, siamo tutti d’accordo sulla linea dell’apertura’, dice Matteo Renzi parlando con i giornalisti all’indomani dell’incontro con Franceschini sul treno Dem. È d’accordo anche Orlando che ha chiesto atti concreti per costruire la coalizione?. Lo ha chiesto prima che lo sentissi al telefono ieri sera. Nel Pd non ci sono problemi, siamo tutti d’accordo, e questa, scherza, è una novità.
È possibile un accordo tecnico a sinistra con apparentamenti nei collegi? Non credo sia possibile perché questa legge non permette la desistenza, ha detto ancora.
Il segretario Pd ieri è stato in Veneto ed Emilia Romagna dove ha toccato i più diversi temi, dal tram di Padova, all’edilizia, fino all’importanza per il nostro Paese della comunità ebraica. Franceschini è salito alla stazione di Ferrara. ‘Dov’è Dario?’, lo chiama Renzi nella ressa che lo accoglie alla stazione di Ferrara, dove centinaia di sostenitori e un centinaio di contestatori rendono l’atmosfera molto calda. E a lui il leader Dem rinvia i giornalisti per domande sulla coalizione. Poi insieme vanno in auto a Ravenna, a cena dal maestro Riccardo Muti. Prima di partire, la battuta: ‘Se pensate che siamo persone che passano il tempo a ragionare di leggi elettorali, emendamenti e coalizioni, diciamo che abbiamo anche un’anima’.
Ho rispetto per la storia personale e istituzionale del Presidente Grasso e chiedo altrettanto rispetto per la comunità del PD, fatta di migliaia di donne e uomini che ogni giorno ovunque fanno politica con passione e generosità per il bene comune. Rivendico con orgoglio il lavoro fatto dal Partito Democratico in questi anni nel solco dei nostri valori di riferimento’, dichiara il vicesegretario del Pd Maurizio Martina, ad Agorà su Raitre.
A Renzi sfugge una battuta riguardo ai possibili candidati premier in aperta concorrenza, leggi Paolo Gentiloni e Marco Minniti: ‘Non temo la loro concorrenza, anche perché tutti e due hanno alle spalle 17 anni da parlamentari, e secondo lo statuto del Pd sarebbero incandidabili…’. Lo statuto effettivamente lo dice a chiare lettere all’articolo 21, comma 3: ‘Non è ricandidabile da parte del Pd per la carica di componente del Parlamento nazionale ed europeo chi ha ricoperto detta carica per la durata di tre mandati. Eventuali deroghe devono essere deliberate dalla Direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti, su proposta motivata dell’Assemblea del livello territoriale corrispondente all’organo istituzionale per il quale la deroga viene richiesta’.
Le eccezioni devono essere messe in moto dal segretario, padrone assoluto della direzione dopo le ultime primarie.
Nell’attuale parlamento sono 76 gli iscritti ai gruppi Pd con alle spalle 3 legislature o più, e rappresentano il 20% dei parlamentari: la metà di loro matematicamente non potrà godere di questa dispensa. Ma quel gruppo ne ha al suo interno due diversi.
In 32 hanno più di 3 legislature alle spalle e almeno 15 anni da parlamentare. Oltre a Gentiloni e Minniti al momento della candidatura avranno già compiuto 17 anni di palazzo anche altri big come Dario Franceschini, Luigi Zanda, Vannino Chiti, Roberta Pinotti, Nicola Latorre, Roberto Giachetti, Antonello Giacomelli, Ermete Realacci, Marina Sereni, Francesco Monaco, Walter Tocci, Giorgio Tonini, Mauro Maria Marino e Andrea Martella. Altri ancora come Ettore Rosato e Salvatore Piccolo avranno 3 legislature e 15 anni alle spalle, e gente come Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, Gianclaudio Bressa, Giuseppe Fioroni, Ugo Sposetti e Giuseppe Lumia ancora più legislature e anni in Parlamento da vantare.
In 44 hanno invece almeno 3 legislature fatte, ma meno di 15 anni alle spalle perché qualcuna si è interrotta presto. Fra loro c’è Mauro Guerra, che di legislature ne ha fatte ben 4 ma di anni solo 14 perché due erano brevi. Gli altri 43 sono tutti con 3 legislature e 12 anni alle spalle.