Renzi riparte da Lingotto: Pd rivendichi il futuro contro la paura

Futuro, speranza, identità. Contro paura, divisioni, rancore. E una piattaforma web su cui discutere del programma: non il Rousseau targato Cinque Stelle, ma ‘Bob’, in onore a Robert Kennedy. Matteo Renzi traccia così il perimetro della sua campagna congressuale, con un discorso che sembra più guardare al quadro politico complessivo che non alle dinamiche interne al Pd.

Un discorso che discende dal punto fermo che ribadisce ancora una volta: la figura del segretario Pd e del candidato premier devono coincidere. E allora gli avversari, più che Andrea Orlando e Michele Emiliano,  i suoi sfidanti per la segreteria Dem,  sono sempre i Cinque Stelle e la destra. A loro si riferisce quando indica ‘la paura come arma elettorale degli altri’, a loro contende la titolarità della parola identità, loro taccia di ‘rancore da talk show’ e di ‘improvvisazione al potere’. Il Pd che invece immagina Matteo Renzi è il partito che deve rivendicare il futuro come cifra della sinistra, e non rassegnarsi a che la paura sia l’arma elettorale degli altri e il tema dominante della prossima campagna elettorale. Un partito che abbia l’ambizione della egemonia, di rappresentare la svolta, dettare l’agenda, dettare un pensiero condiviso per un’Italia capace di farcela che non si rassegna al catastrofismo. Un Pd che dunque ha tre compiti: offrire una visione dell’Italia per i prossimi 10 anni, una classe dirigente non improvvisata, alimentare una speranza nei nostri cittadini perché la paura non sia il tema dominante. E allora, no al reddito cittadinanza perchè vogliamo un Paese fondato sul lavoro, non sull’assistenzialismo, vogliamo lavoro, non sussidi.

Un Pd che deve reggere unito alle critiche, anche violente e legate alle inchieste giudiziarie, che lo stanno colpendo. Perchè, dice Renzi, “il Pd è l’unica alternativa al partito-azienda e al partito-algoritmo: chi attacca questa comunità indebolisce l’argine democratico di tenuta del Paese”.

Ai suoi sfidanti per il congresso Dem, Renzi manda un sorriso, perchè noi non parliamo male degli altri. E più che altro il suo bersaglio sembrano gli scissionisti: ‘Noi siamo gli eredi, non i reduci, e se si torna a casa, al Lingotto, non è per nostalgia ma per ripartire. E senza dividersi tra correnti, disdegnando la politica del quotidiano nauseante ping pong di queste settimane.

E quindi, dopo il partito leggero di Veltroni e quello pesante di Bersani io dico che ci vuole un partito pensante, che sappia discutere, dialogare, ascoltare e consapevole della propria forza. Un Pd dove, riconosce l’ex segretario, serve maggiore collegialità e per questo abbiamo proposto il ticket con Maurizio Martina, che parlerà oggi insieme a Pier Carlo Padoan e Dario Franceschini. E a Biagio de Giovanni e Beppe Vacca, dopo che già è intevenuta un’altra figura storica della sinistra, Claudia Mancina.

‘Ideali e contenuti’, invoca Renzi per il suo Pd, mentre per le proposte concrete si attenderà anche l’esito dei 12 tavoli programmatici che si riuniranno per integrare la mozione congressuale. E di cui si potrà discutere su ‘Bob’, per non lasciare l’invenzione del web a chi fa business e soldi. Qualcuna però Renzi già la avanza: elezione diretta del presidente della Commissione Ue, per battere gli euroburocrati, cominciando con la scelta tramite primarie transanazionali del candidato dei Socialisti. E una scuola di formazione per 200 giovani che vogliono dedicarsi alla cosa pubblica: ‘Chiamatela pure Frattocchie 2.0, ma bisogna studiare’.

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