L’elezione di Maurizio Martina segretario, l’avvio da subito della fase congressuale, inclusi i congressi regionali, e primarie nel 2019, prima delle elezioni europee. Sono questi i punti principali del documento che è in fase di elaborazione e che dovrebbe essere messo ai voti oggi nell’assemblea nazionale del Pd. Il testo traduce i punti di un’intesa raggiunta ieri sera tardi al Nazareno e che al momento sembra avere il consenso della maggioranza delle aree del partito.
‘Ripartenza non può essere ricostruire un simil Pds o una simil Unione’, ha detto Matteo Renzi all’Assemblea Pd. ‘Se qualcuno pensa che sia la nostalgia la chiave non coglie la novità’, aggiunge.
Noi l’egemonia l’abbiamo avuta per tre o quattro anni. L’abbiamo persa e l’atto delle dimissioni ha questo significato di riconoscere la sconfitta, prosegue Renzi. E una parte della platea applaude a sottolineare la responsabilità di Renzi. A quel punto l’ex segretario si ferma e replica: ‘Abbassiamo tutti i toni delle tifoserie. So che non sono l’unico responsabile ma in politica si fa così: paga uno per tutti’.
Tra le cause della sconfitta ci sono i toni e i tempi della campagna elettorale. Non è l’algida sobrietà che fa sognare un popolo, devi dare un orizzonte forte al Paese“. Altra causa è la mancanza di leadership: non c’è comunità che non esprima un leader, perché in politica la comunicazione è essenziale. Inoltre non abbiamo dettato l’agenda: sullo ius soli dovevamo decidere, o si metteva la fiducia a giugno o si smetteva di parlarne. Io l’avrei fatto perché fondamentale.
Smettiamola di considerare nemici quelli accanto a noi. Ci rivedremo al congresso, riperderete il congresso e il giorno dopo tornerete ad attaccare chi ha vinto. Adoro stare sui contenuti e ragionare, per chi è in grado di ragionare mica per tutti, insiste. E poi ai suoi: ‘Vi suggerisco di non cadere nelle provocazioni’.
Non si può sempre, comunque e soltanto, attaccare dall’interno. Perché così si aiuta la destra. Basta risse da cortile alle quali il nostro popolo non può più stare. Io darò il mio contributo per la battaglia educativa e culturale contro chi vuol chiuderci nell’odio e nella paura. Fate il percorso che volete io ci sono, ma se il giorno dopo le elezioni si ricomincia daccapo il problema è quando si chiude il congresso, non quando si inizia. Non siamo alla terza Repubblica ma non siamo nemmeno alla prima Repubblica in cui la corrente di un partito immagina di indebolire il leader per avere poi qualcosa di più. O ce ne rendiamo conto o perderemo la possibilità di incidere.
Altro che terza Repubblica, con Salvini e Di Maio siamo alla terza media.