‘Le fibrillazioni di un manipolo di senatori ‘ribelli’ di Ncd non si trasformeranno in una valanga capace di travolgere il governo’, è la convinzione di Matteo Renzi e degli uomini che per lui stanno tenendo i rapporti con gli alleati, in vista del delicato voto sulla legge di riforma del bilancio degli enti locali, in programma la prossima settimana. Una convinzione che sarebbe stata manifestata dal premier al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel corso di un incontro al Quirinale. Il colloquio ha avuto al centro il vertice Nato di Varsavia, che impegnerà il premier oggi e domani. Ma sarebbe divenuto anche occasione per fare il punto sugli scenari dei prossimi mesi, a partire dal referendum costituzionale, vero spartiacque della legislatura. Renzi è determinato, non si stancano di ripetere i parlamentari a lui vicini, a non lasciare spazio a nessun gioco di palazzo, perchè se il referendum verrà bocciato, il governo si dimetterà e lui, da segretario del Pd, non potrà che dirsi convinto che debba trarre le conseguenze anche il Parlamento e non ci siano alternative al voto. Per il ruolo istituzionale che gli è assegnato dalla Costituzione, però, il capo dello Stato, spiegano fonti parlamentari, non potrebbe che cercare in ogni caso di garantire la stabilità politica, soprattutto se il referendum si svolgerà durante la sessione di bilancio, e il prosieguo della legislatura, magari con un governo di scopo. Ma dal Quirinale fanno sapere che Mattarella non intende andare dietro a ‘ricostruzioni fantasiose’ sulle posizioni che assumerebbe in caso di crisi. Nessuno metta in dubbio il suo ruolo super partes, è il messaggio. Il capo dello Stato, viene assicurato, non ha pronti piani A, né B o C e non ha alcuna intenzione di anticipare decisioni su quanto potrebbe accadere tra alcuni mesi. Certo, si ragiona in ambienti parlamentari della maggioranza, andare a votare con l’Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato, in caso di bocciatura del referendum, potrebbe diventare un problema perché non ci sarebbe equilibrio tra i due rami del Parlamento. Dunque, si osserva negli stessi ambienti, se nei fatti emergesse una maggioranza in grado di uniformare le due leggi, non potrebbe il capo dello Stato non tenerne conto. Legittime, osservano di rimando i renziani, le richieste di cambiare la legge elettorale, come chiede tutta la minoranza e anche un pezzo rilevante di maggioranza Pd, ma un tentativo del genere si scontrerebbe con la mancanza dei numeri in Parlamento per modifiche concordate. Allo stesso modo, spiegano le stesse fonti, non ci sarebbero i numeri per un governo alternativo. Dunque, non ci sarebbe altra strada che il voto.