La trasmissione “Report”, in onda su Rai3 e condotta da Sigfrido Ranucci, continua ad indagare e mettere in discussione il senatore Maurizio Gasparri. Il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama rimane sotto i riflettori del programma, nonostante le precedenti controversie possono essere considerate risolte.
Nell’ultima puntata, “Report” ha allargato il suo campo d’indagine, includendo anche la questione delle cosche romane. Questo argomento, collegato alla maggioranza di centrodestra, è stato trattato attraverso testimonianze che però sono state giudicate inattendibili dalla magistratura. In risposta, Fratelli d’Italia ha presentato un’interrogazione in commissione di Vigilanza Rai.
La vicenda tra “Report” e Maurizio Gasparri continua a essere un punto focale nel dibattito politico italiano. Le implicazioni di queste indagini e le reazioni dei diversi partiti politici evidenziano la complessità e la sensibilità delle questioni legate all’etica e alla compatibilità tra ruoli pubblici e privati. Il prosieguo di questa storia sarà certamente oggetto di attenta osservazione da parte dell’opinione pubblica e dei media.
La partecipazione di Gasparri in “Cyberealm“, società operante nel settore della sicurezza informatica, è stata il fulcro delle indagini di “Report”. La trasmissione ha sollevato dubbi sulla possibile incompatibilità tra questo ruolo aziendale e il suo mandato parlamentare. Tuttavia, la giunta per le elezioni del Senato ha escluso tale incompatibilità, grazie alla relazione presentata dal senatore leghista Manfredi Potenti.
Diverse forze politiche hanno espresso le loro opinioni in merito a questa vicenda. Italia Viva, guidata da Matteo Renzi, si è pronunciata a favore della compatibilità tra il ruolo di Gasparri in “Cyberealm” e il suo seggio parlamentare. D’altro canto, sia il Movimento 5 Stelle che il Partito Democratico, rappresentato da Elly Schlein, hanno criticato la decisione, sottolineando questioni di opportunità politica.
Interrogazione da parte di Fratelli d’Italia sul “metodo Report”. “Abbiamo presentato un’interrogazione all’Ad Roberto Sergio e alla Presidente Marinella Soldi per sapere se l’utilizzo ricorrente di pentiti di mafia giudicati inattendibili dalla magistratura, che dopo qualche decennio fanno rivelazioni circa presunte rivelazioni su persone decedute, sia in linea con quanto stabilito dal Contratto di Servizio, che regola i rapporti tra lo Stato e la Rai”. Recita così la nota del gruppo di FdI nella commissione Vigilanza Rai. “È accaduto nel caso del padre del Presidente del Senato Ignazio La Russa, e nel caso del padre del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che tra le altre cose, come tutti sanno, ha interrotto i rapporti con Franco Meloni quando era ancora una bambina”.
Si tratta di due servizi giornalistici per alcuni versi speculari stigmatizzano dal gruppo di FdI: “c’è un pentito giudicato inattendibile dai magistrati che dopo decenni tira in ballo una persona deceduta – e quindi non in grado di controbattere- per colpire indirettamente degli esponenti politici”. Altro elemento fondante del “metodo Report” è la scelta “di non dare conto al pubblico dell’inattendibilità dei pentiti intervistati. Forse perché altrimenti verrebbe giù tutto l’impianto del teorema messo in piedi- fanno notare- . Con quello che sembra a tutti gli effetti un ‘metodo’, stiamo assistendo al progressivo degradamento di una storica trasmissione: un tempo capace di fare delle vere e proprie inchieste, e oggi ridotta a costruire teoremi fine a se stessi, utili solo a spargere fango. Ci auguriamo che l’Ad e la Presidente rispondano presto e nel merito ai punti che abbiamo sollevato”, conclude la nota.
Nunzio Perrella, utilizzato nel servizio su Franco Meloni – lo rivelò il Giornale- è un “pallonaro” che giudicarono inattendibile due magistrati di peso: come l’ex procuratore nazionale antimafia di Bologna Roberto Pennisi e l’ex numero uno della Procura di Brescia Sandro Raimondi. Lo attesta un documento conservato all’Archivio Storico della Camera dei Deputati, secretato fino al settembre 2017. Come giudicare il caso se non un attacco forzatamente condotto la premier?
Ricordiamo come il “metodo Report” fu smascherato tempo fa da un giornalista di lungo corso come Piero Sansonetti. A cui non possono certo essere attribuite simpatie meloniane. Si scagliò contro il conduttore Ranucci che a suo dire “comprava filmati per rovinare politici e industriali”. La diatriba tra i due durò a lungo con feroci botta e risposta. Ne nacque un caso politico. Quel che sconsolava Sansonetti, oggi direttore dell’Unità, era la gravità di un metodo che faceva capo alla Rai, Servizio Pubblico. “Se lo avesse fatto il Fatto Quotidiano è un conto, ma quella è la Rai eh…” «Questo non è giornalismo d’inchiesta ma è raccogliere fango e tirarlo dove capita. Io lo chiamo killeraggio»,fu il commento di Sansonetti.