Report Tavola rotonda HABITUS, HABITAT – abitare e ri-abitare | CRATere piccola rassegna di teatro, arte e umanità

Report tavola rotonda 

HABITUS, HABITAT
abitare e ri-abitare

 

CRATere
piccola rassegna di teatro, arte e umanità
“qui e altrove”

“The city is no longer, we can leave the theater now”, la città non c’è più possiamo lasciare il teatro ora, frase dell’architetto filosofo Rem Koolhaas fornisce il sottotitolo al progetto POLIS che Nazario Zambaldi – curatore di CRATere piccola rassegna di teatro, arti e umanità – declina insieme agli ospiti in occasione della tavola rotonda “HABITUS, HABITAT”, svoltasi significativamente online, in diretta streaming. Apre la prima parte dell’incontro a distanza, dedicata a “poetiche e visioni” il drammaturgo belga Paul Pourveur, autore di Plot your City – cui POLIS si ispira – testo che propone una distopia particolarmente attuale, con la città della simultaneità iper-connettiva e insieme dell’incomunicabilità (Babel City), la città-centro commerciale (Panoptic City), la città iper-moderna senza memoria (Generic City). Nel suo intervento Paul Pourveur ricorda l’attività degli anni Ottanta in Belgio che giudica interessante in quanto coinvolgeva persone “esterne” all’ambiente teatrale, esponendo poi la sua prospettiva di scrittore in rapporto al dispositivo fornito dalla “scatola nera” teatrale. Si sofferma sulla considerazione del momento come una triste noiosa conta dei morti, che fa poco sperare in un cambiamento per il futuro. Segue Mamadou Dioume – attore, regista e pedagogista – cui si deve il titolo della stagione di Teatro Pratiko e della rassegna – “qui e altrove” – che interpreta l’“abitare” come abitare il corpo, la sua essenza. Rievoca la sua formazione africana, in Senegal, come “culla della civiltà”, insieme al rapporto con la Francia, qui e altrove, tra culture, per riabitare il continente africano, riappropriarsi delle proprie origini. Conclude sulla domanda fondante “a cosa serve il teatro” sottolineandone la necessità come rito. César Brie attore, regista, drammaturgo, accenna al suo esilio in Europa, diventato scelta poi, e all’esperienza del Teatro de los Andes in Bolivia, durato vent’anni e interrotto per le reazioni a un suo lavoro: ora a cavallo tra Italia e Argentina presenta lo spettacolo comico che porterà a Merano, 120 chili di Jazz, racconto col corpo e sul corpo e sull’amore. Parla dalla “prigione dorata” che è il teatro dove vive da mesi a Milano e in cui è rimasto bloccato allo scoppio dell’emergenza sanitaria, un abitare produttivo, in cui ha scritto un testo sui personaggi di Pinocchio, il Gatto e la Volpe: c’è tutto ciò che serve ma mancano le persone, compagni attori e pubblico. Il giorno prima nelle “prove” di trasmissione in diretta aveva concluso dicendo “il teatro c’era prima della pandemia e ci sarà dopo, esisteva prima della democrazia e esisterà anche dopo”. Ateliersi parla da Bologna, attraverso le voci di Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, di una pratica teatrale che parte da materiali, memorie, testi, documenti per connettersi direttamente con esistenze diverse, con una genesi in luoghi “altri”, in contatto diretto con le fonti attraverso interviste, assemblee pubbliche, incontri, ricerca drammaturgia che nel progetto portato a Bolzano – Inquietudini – prende le mosse dalle risposte di Lea Melandri – figura di riferimento del femminismo e del movimento non autoritario nella scuola – alle lettere delle e degli adolescenti degli anni ’80 nella rubrica di posta della rivista Ragazza In. Sara Fabbri – art director di Linus – si fa portavoce anche dei co-autori Chiara Natalucci – narratrice – e Claudio Sopranzetti – antropologo – presentando il lavoro di un altrove narrato nella graphic novel etnografica Il re di Bangkok tradotto anche in Tailandia, con una parziale censura che viene sottolineata graficamente. Dario Ferrari del Teatro delle Balate, da Ballarò (Palermo), parla del suo piccolo teatro costruito con la compagna Nina Lombardino, della difficoltà del momento con le repliche annullate e le restrizioni che forse non permetteranno di ripartire, degli spettacoli Buzzatiana e Minotauro previsti a Bolzano a scuola e a Merano al Centro per la cultura. Barbara Weigel, drammaturga, da Berlino, parla della “città come teatro” legando a quest’aspetto la sua collaborazione per POLIS. Nota il rovesciamento attuale “senza città e senza teatro”, un teatro che si ricrea nella comunicazione, come ritualità, sottolineando la presunzione umana nei confronti dell’altro, animale, vegetale, natura, ambito cui si rivolge la sua ricerca recente.Il collettivo Donoma – davanti al sole in lingua Omaha – con Federica Garavaglia, Mauro Milone, Gabriele Scarpino, si presenta aspettando la residenza in programma a Merano, con il primo progetto Polaroid. Sara Parziani racconta il suo spettacolo d’esordio Romanzo di un’anamnesi che narra la crescita di un’identità in rapporto a una malattia rara, la leggerezza di ciò che è “strano”, oltre alla scoperta del vicinato in questo periodo che le fa immaginare un’attivazione di quartiere a Milano. Alex Marchi giovane attore originario di Bolzano e Geoffrey Williams regista raccontano il loro spettacolo su Primo Levi, a Londra, in particolare come diritto identitario al di là delle categorie. Flora Sarrubbo – attrice – regista parla dell’abitare gli spazi, in particolare del bunker a Bolzano dove nasce lo spettacolo La Tana da Kafka, poi con il liceo Pascoli Alice nel bunker e l’attuale percorso habitat all’interno del progetto POLIS sempre con il liceo. Alessio Kogoj era intervenuto il giorno prima nelle “prove di trasmissione” ricordando la lunga collaborazione tra I Teatri Soffiati e Teatro Pratiko rinnovata nella co-produzione per ragazzi di quest’anno Hänsel e Gretel. Daiana Tripodi presenta Medea – Intra a’ Medea – in scena al più presto presso lo spazio Macello gestito a Bolzano dall’associazione Teatro Pratiko come co-working, nella sua lingua madre calabrese.

Nella seconda parte si sfuma verso “pratiche e comunità” con la scrittrice Gabriella Ghermandi che parte dalla sua identità “mista”, italiana, etiope e eritrea, dando voce a memorie altrimenti rimosse: ricorda la sua infanzia e la noia in visita alle famiglie italiane, in contrasto con la magia della riunione delle donne per la cerimonia del caffè, in quella cucina che è stata la sua scuola, dove ha imparato ad ascoltare, raccontare, cantare, ciò che porterà in dono nel laboratorio in Alto Adige invitata da Emiliano De Francesco – sociologo che insegna italiano e tedesco – che racconta la sua esperienza con i richiedenti asilo, su cui interviene anche Gianpaolo Chiriacò – antropologo ed etnomusicologo – a partire dalla collaborazione per Santuari della schiavitù. Stephanie Hausdorf – architetto originaria di Berlino – ora a Bressanone parla del progetto fotografico per la rivista di strada Zebra e di un progetto in incubazione con Vienna per un abitabilità sostenibile. Dalla Grecia, Patrasso, dove nasce il progetto POLIS grazie alla collaborazione di Sygklitiki Vlahaki del Teatro Municipale e Regionale, per l’associazione ASTO Sakis Roditis, Nancy Christodoulou, Gianna Panagopoulou proseguono questo seconda parte di interventi rivolti ad aspetti sociali, comunitari, esponendo ciò che anima i loro progetti tra cui un piccolo festival di cinema. Giulia Cantaluppi ripercorre l’attività di Tempo Riuso con sede a Stecca 3.0 a Milano, in parte esposta nel volume Manuale per l’utilizzo temporaneo di spazi in abbandono con qualche esempio di progetto intrapreso per la riattivazione di comunità, e accenna infine a quanto c’è in cantiere per la “ripartenza” in questa fase. Sabina Langer apre con un pensiero su spazi comuni, cambiamento di prospettiva in questa fase e sostenibilità, rivolgendosi alla priorità data alle ragazze e ai ragazzi, come agenti di cambiamento, a come possano cambiare il mondo. Tra i progetti in questo senso il percorso esperienziale BeHuman con ED.UMA.NA a Milano, il percorso in Bosnia con la Fondazione Alexander Langer, il progetto in avvio Inter-Azioni per una cittadinanza europea con Alexander Langer insieme alla Fondazione e la cooperativa Savera di Bolzano, con una finestra sul progetto POLIS.

L’ultima parte della “tavola rotonda” è dedicata ai progetti di cinema documentaristico che attraversano arti, poetica, comunità, iniziando da Davide Grotta – archeologo, diplomatosi alla scuola Zelig di Bolzano – con un film sulla Cambogia, produce con Teatro Pratiko il film Keimzeit – il tempo della Germinazione sui cambiamenti climatici a partire dalla recente strage di alberi nell’area alpina, che lo hanno portato fino in Amazonia. Nuno Escuderio – autore di film sul confine (Brennero e Ventimiglia) – parla del nuovo progetto sui “beni comuni” e sul fare comunità nelle società del “Capitale”. Manuel Canelles descrive il lavoro di documentazione del progetto prodotto da Teatro Pratiko in collaborazione con Cittadellarte Fondazione Pistoletto nel film Cantami o Diva sulla Venere degli stracci il cui le arti divengono mezzo di attivazione e valorizzazione inclusiva tra periferie e centro, alto e basso, attività che prosegue nel progetto in corso Munari in Movimento. Quest’attività di ricerca, documentazione, sperimentazione trova un suo compimento dinamico anche nel laboratorio di cinema presso il liceo Pascoli di Bolzano, avviato grazie al bando CinemaScuola LAB di Miur e Mibact, con il progetto “farsi schermo” testimoniato da Andrea Oradini e Cristina Nicchiotti – insegnanti della scuola e rappresentanti del CineClub di Bolzano. Questi progetti attraversa anche Ide Maman apparso nelle “prove” il 22, autore tra gli altri del film I poveri dimenticano.

La “tavola rotonda” HABITUS HABITAT apre una finestra sui vari progetti in progress, ma disegna anche prospettive in quella POLIS tutta da costruire dopo la “fine della città” attraverso reti che si avvalgono anche di tecnologie digitali come nel progetto pluriennale che prosegue con il regista Pietro Babina – ECO Electronic Cooperation Online, difendendo e riappropriandosi dell’esperienza – del tempo –  che è il campo in cui il potere esercita il suo controllo, affermando altresì il diritto di esistere, abitare e ri-abitare umanamente, i propri corpi, la vita che evolve, l’aria, l’acqua, la terra.

Nazario Zambaldi, 30 maggio 2020

Video Tavola rotonda HABITUS, HABITAT: abitare e ri-abitare
INFO

HABITUS, HABITAT: abitare e ri-abitare video della tavola rotonda su YouTube: https://youtu.be/0Tieh4x8-gE

“Dialoghi qui e altrove”: per approfondire la conoscenza dei vari ospiti, alcuni già pubblicati, altri in pubblicazione sulla pagina Facebook (https://www.facebook.com/craterepiccolarassegna/) e sul canale YouTube (MetaCratere https://www.youtube.com/channel/UCv9UsUwAdavkC_wHwUz_fJA) accompagnando la “stagione” in cui la piccola rassegna si è trasformata.

Mamadou Dioume: video estratto del dialogo “qui e altrove” realizzato con CineLAB a Merano nel 2019 in occasione di CRATere “della verità” su YouTube: https://youtu.be/urjo-b_El-0

CRATere 2010-2020
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