Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si dirige a piedi verso Palazzo Chigi, Roma, 11 gennaio 2021. ANSA/ UFFICIO STAMPA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO/ FILIPPO ATTILI +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

Revocata la nomina del ‘curatore speciale’ dei Cinque Stelle

Il tribunale di Cagliari ha revocato la nomina dell’avvocato Silvio Demurtas quale ‘curatore speciale’ dell’Associazione Movimento 5 Stelle, come si auguravano dal M5S, ma l’impasse giuridica dovuta all’assenza di un legale rappresentante del Movimento resta tutta. Demurtas è stato allontanato per “l’accertato travisamento” dei suoi compiti, perché aveva fatto richiesta al tribunale di autorizzarlo a farsi dare da Rousseau i dati degli iscritti, anche per – eventualmente – farli votare. Ciò significa che il raggio di azione del curatore legale resta quello del procedimento giudiziario per il quale è stato nominato, cioè la causa intentata da una consigliera regionale del Movimento contro la propria espulsione, Carla Cuccu

“Questo fa fuori completamente la partita di Cagliari dalla vicenda Rousseau”, è il ragionamento che si fa dentro il Movimento. Ma dall’associazione milanese in rotta di collisione col M5S si fa notare che il problema principale resta tutto: Vito Crimi non è più il legale rappresentante dei 5 Stelle e quindi tutto resta come prima.  Davide Casaleggio dice che  consegnerà i dati in questione solo ad un legale rappresentante. Insomma, serve un accordo tra le parti oppure andare ad una guerra in tribunale che però rischia di prolungarsi per mesi, se non anni.

Giuseppe Conte non ha tutto questo tempo e la sua leadership informale per diventare effettiva ha bisogno di una legittimazione anche statutaria. Rousseau però chiede al M5S di saldare i propri debiti, che secondo Casaleggio ammontano a circa 450 mila euro.

Ma le problematiche interne dei pentastellati non si chiudono qui.

 Davide Casaleggio muove azioni contro i volti più noti dei vertici pentastellati. L’associazione Rousseau ha lanciato l’attacco, annunciando il supporto alla petizione che chiede di inserire la regola dei due mandati per legge, fissata nell’ordinamento giuridico italiano. E la mossa appare un affronto ai pentastellati, anche perché arriva proprio da quel blog delle stelle, un tempo megafono dei grillini.

“La proposta di legge consiste nell’indicare il limite in due mandati o in un numero massimo di anni già trascorsi in Parlamento al momento della candidatura pari a 7 (in modo che un’ulteriore legislatura eventualmente completa porti il numero di anni trascorsi in Parlamento al massimo a 12)”, si legge nel testo. Un’iniziativa destinata a non avere seguito in Parlamento, come prevedibile, ma che suona come un avvertimento alla tentazione delle deroghe che circola con insistenza nel Movimento. Con tanto di richieste al leader in pectore Giuseppe Conte, che sulla questione deve barcamenarsi, lasciando in sospeso la decisione.

Il rispetto della regola interna porterebbe all’uscita di scena dei principali esponenti del Movimento, i più mediatici e influenti, a cominciare dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Lo stop al terzo mandato segnerebbe la fine dell’eleggibilità con i pentastellati  del presidente della Camera, Roberto Fico.

Stesso discorso vale per  Vito Crimi. Sarebbe costretto tornare alla vita di tutti i giorni, al suo lavoro di avvocato, anche Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia nei due governi Conte. La mannaia del secondo mandato si abbatterebbe poi su Riccardo Fraccaro, già sottosegretario del precedente esecutivo. ,

Sotto scacco ci sono anche due attuali ministri, quello dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, e la titolare delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone. Ma l’elenco delle vittime della regola include altre grillini attualmente al governo con vari incarichi, come la viceministra dell’Economia, Laura Castelli, il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, la sottosegretaria al Sud, Dalila Nesci, e il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia. Sarebbe impossibile la ricandidatura, poi, per altri volti noti, per esempio l’ex ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che da duro e puro del grillismo difficilmente chiederebbe un’eventuale deroga, e la vicepresidente del Senato, Paola Taverna.

La lista continua con il capogruppo a Montecitorio, Davide Crippa, il presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera, Giuseppe Brescia e la vicepresidente dell’assemblea di Montecitorio, Maria Edera Spadoni, il senatore Alberto Airola, e l’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo. Questo solo per dire i nomi più in vista: dietro c’è una pattuglia di circa una quarantina di grillini della prima ora, che non metterebbero più piede in Parlamento.

Ogni giorno che passa, i problemi che colpiscono il MoVimento 5 Stelle continuano ad acuirsi. Il nuovo M5S guidato dall’ex premier Giuseppe Conte è già di fronte a una serie di difficoltà, che hanno provocato non poche spaccature interne al MoVimento.  Da capire anche il futuro pentastellato di Beppe Grillo che, dopo il discusso video in difesa del figlio Ciro e degli amici, accusati di stupro, sembra sempre più fuori dai progetti della neo guida Conte.

Il nuovo leader cinquestelle ha bisogno di sostegno e di rafforzare un MoVimento ormai allo sbando. E quindi, secondo quanto riporta la Stampa, l’obiettivo di Conte sarebbe quello di riformare la sua squadra di collaboratori di Palazzo Chigi. Operazione, che però potrebbe portare ad ulteriori divergenze all’interno del MoVimento, in quanto a fare ritorno sarebbe lo stratega della comunicazione pandemica, Rocco Casalino. Tra i grillini si respira un certo nervosismo riguardo al ritorno del team di Conte in particolare di Casalino, ritorno che questa volta però avviene esclusivamente tra le mura pentastellate.

Alla Camera il capogruppo Davide Crippa ha le idee chiare e non vuole assolutamente l’ex concorrente del Grande Fratello: spaccherebbe gli equilibri.   Rocco Casalino continuerebbe a fare il portavoce di Conte. Naturalmente a spese del partito, come è già stato preannunciato. Ma di soldi, nelle casse del M5S iniziano a non essercene più. Una cosa è chiara: Giuseppe Conte senza Rocco Casalino non è la stessa cosa. L’ex premier ha bisogno ad ogni costo del suo pupillo. Sì, ad ogni costo: pare infatti che la nuova sede del M5S nel cuore di Roma non verrà più acquistata. Che ci sia dietro lo stipendio da capogiro dell’indispensabile Rocco?

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