Si è concluso il meeting virtuale di Oms Europa con i 53 Stati membri della Regione europea sulla riapertura sicura delle scuole. “Non esiste una soluzione a rischio zero. Tenere aperte le scuole è complesso. I trasporti sono un punto critico per la riapertura, sono vitali evidenze più forti”. Così Hans Kluge, direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’Europa.
Tra i punti salienti, l’uso di mascherine dove appropriato. A casa se malati, politiche specifiche per bambini a rischio e con bisogni speciali. Ma anche per gli insegnanti vulnerabili alle infezioni per particolari problematiche di salute. Necessità di essere pronti alla didattica online da usare in caso di chiusure, per docenti e bimbi fragili. Inoltre, in caso di aule piccole che richiedono l’alternanza dei bambini, rispettare il distanziamento.
Intanto sindacati e presidi continuano a palesare le proprie perplessità al governo. Il governo è deciso a riprendere la didattica in presenza. Nelle scorse settimane sono arrivate conferme dalla ministra Azzolina e dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. A settembre si torna a scuola. Il problema è legato al fatto che alla metà del mese di settembre potrebbero ancora non essere disponibili i nuovi banchi e soprattutto i nuovi spazi per consentire di eliminare il problema delle classi pollaio. Tradotto, ancora nel mese di settembre alcune scuole potrebbero non garantire la distanza di un metro in classe tra gli alunni. Uno dei nodi da sciogliere è quello legato alla presenza di un contagiato in classe o comunque a scuola. Il Ministero ha smentito la notizia falsa secondo cui il bambino o il ragazzo possa essere posto in isolamento e portato via dalle autorità sanitarie senza che i genitori possano prelevarlo. Ma cosa succede in caso di positività di un alunno? La via probabile è quella della chiusura almeno della classe, della sanificazione dell’aula e della didattica a distanza per quattordici giorni per almeno per i compagni di classe. Ma c’è chi non esclude la chiusura dell’intero istituto.
Le sigle sindacali fanno sapere di essere pronte a indire uno sciopero nazionale nel caso in cui non venga fatta luce su questo clima di incertezza che ancora circonda la ripresa della scuola.
Al vertice virtuale di oggi fra i 53 Stati membri della Regione europea, è intervenuto anche il ministro della Salute Roberto Speranza. «Riconosciamo che molti genitori, educatori e bambini stessi hanno molte preoccupazioni e ansie riguardo all’andare a scuola in questi tempi – osservano Speranza e Kluge, riportando in una dichiarazione congiunta i principali esiti del meeting online – Pertanto, oggi ci siamo incontrati virtualmente con i rappresentanti degli Stati membri per sviluppare una cornice” di riferimento “per garantire la sicurezza e il benessere dei bambini, delle loro famiglie e delle comunità. Ribadiamo che le nostre discussioni sono guidate dal miglior interesse del bambino e da considerazioni di salute pubblica generale, informate da evidenze intersettoriali e specifiche al contesto».
Per l’Oms Europa «le misure protettive che vanno dall’igiene delle mani al distanziamento fisico, l’uso di mascherine dove appropriato, la permanenza a casa in caso di malattia sono le pietre angolari di un’istruzione scolastica sicura». Altro punto importante per il ministro italiano e il direttore di Oms Europa: “Dovranno essere attuate politiche specifiche per i bambini a rischio con esigenze di apprendimento speciali o particolari condizioni di salute, nonché per gli educatori con problemi di salute che li rendono vulnerabili a infezioni più gravi”.
Ancora, si mette l’accento sulle lezioni online come strumento per garantire continuità nell’istruzione per tutti quanti. Altresì, in caso si debbano mettere in atto quarantene di classe o d’istituto, l’approccio è chiaro. “È realistico prepararsi e fare piani per rendere disponibile la didattica online a integrazione dell’apprendimento in aula nel prossimo anno scolastico”.
Ciò sarà necessario durante le chiusure temporanee – dicono Speranza e Kluge – può essere un’alternativa per bambini e insegnanti con condizioni di salute particolari, può essere necessario durante quarantene episodiche e può integrare l’apprendimento scolastico in circostanze in cui i bambini alternano la loro presenza a scuola” a periodi a casa “per rispettare le esigenze di distanziamento fisico nelle aule più piccole». Infine, concludono, «l’importante collegamento tra i settori della salute e dell’istruzione continuerà a crescere mentre navighiamo nella nuova realtà post Covid-19. Ci impegniamo a lavorare in tutti i settori per soddisfare le esigenze dei bambini».
Nei lavori al Senato prende consistenza l’ipotesi di assegnare a presidi e docenti una protezione dai processi penali destinati ad aprirsi in caso di esplosione dei contagi nelle aule. Il ragionamento è semplice. Il rispetto dei protocolli di sicurezza sanitaria dovrebbe, di per sé, mandare esenti da ogni punizione i responsabili delle scuole. Qualcuno potrebbe pensare che questo sia scontato e che a nessuno possa venire in mente di processare un dirigente scolastico che, malgrado l’osservanza dei protocolli, veda qualche focolaio pandemico coinvolgere il personale o gli studenti. Lo potrebbe pensare, in effetti, ma sbaglierebbe.
La battaglia che le organizzazioni sindacali dei presidi hanno iniziato da un paio di mesi – e che sembrano destinate a vincere proprio in queste ore – muove dalla precisa consapevolezza che, senza uno scudo ad hoc, le cose si potrebbero complicare e di molto in caso di focolai da Covid. Se mancherà una norma a salvaguardia dei presidi il pericolo che le procure della Repubblica possano – alla prima segnalazione o alla prima denuncia di un contagio – iniziare indagini e mandare a processo qualcuno è del tutto implicito nella posizione di garanzia e nei doveri di protezione che sono connessi a ruoli dirigenziali. Insomma esiste effettivamente il rischio che si scarichi sul capo d’istituto la responsabilità delle infezioni di studenti, personale e docenti, nonché dei loro prossimi congiunti se la fonte del contagio è la scuola.
Non è il caso di ripercorrere le tappe di una giurisprudenza che ha dilatato a dismisura la portata degli obblighi di tutela della salute dei dipendenti o dei doveri di precauzione verso gli utenti o degli oneri di prevenzione del rischio e che tutto ciò ha fatto – ben al di là del rispetto delle regole di sicurezza dettate dal legislatore o dalle autorità di garanzia – in nome di un controllo di adeguatezza su tali regole che il giudice ha riservato sempre e comunque a se stesso. In altri termini non è sufficiente l’osservanza delle precauzioni perché il giudice si riserva di valutare se, nel caso concreto, queste fossero adeguate a prevenire l’evento egualmente verificatosi. L’espansione del controllo penale nel settore dei reati colposi è, probabilmente, il vero, possente pilastro di quella democrazia sorvegliata e sorvegliante che si è imposta nel Paese attraverso il dilagare del controllo penale in ogni ganglio della vita sociale ed economica. Non ci sono precauzioni legislative o codificazioni che reggano. Il solo compiersi dell’evento (una malattia, una lesione o, peggio, una morte) in un’organizzazione complessa pretende che si scovi un responsabile. Il fatto che un danno si sia verificato in un contesto soggetto a regole precauzionali impone che si rintracci un responsabile. A ogni costo.