Non hanno contenuto la gioia i familiari di Gino Pollicardo e Filippo Calcagno all’aeroporto militare di Ciampino. I due tecnici italiani sono giunti allo scalo romano alle ore 5, dopo essere partiti verso le 3:30 dall’aeroporto di Mitiga a Tripoli, a bordo di un’aereo speciale. Ad accoglierli sulla pista il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che si è intrattenuto alcuni istanti con loro e li ha abbracciati, ed il generale Giuseppe Governale comandante dei Ros. Poi l’intenso abbraccio con la moglie di Pollicardo, Ema Orellana, e i figli Gino junior e Jasmine. Emozionatissimi anche Maria Concetta Arena, moglie di Calcagno, giunta a Ciampino insieme a i figli Cristina e Gianluca. Sbarbati, stanchi e visibilmente provati, i due tecnici hanno a stento trattenuto le lacrime. Secondo la prassi, Pollicardo e Calcagno dovrebbero incontrare nelle prossime ore il pm Sergio Colaiocco. Molti ancora i punti oscuri di tutta la vicenda, che ha subito una drammatica accelerazione negli ultimi giorni dopo mesi di silenzio, a partire dall’identità dei rapitori, dalle modalità della liberazione, fino alla morte dei loro colleghi rimasti uccisi Salvatore Failla e Fausto Piano. Non è ancora chiaro quando le loro salme rientreranno in Italia, al momento ancora in Libia, presumibilmente a Sabrata. Fausto Piano, Salvatore Failla, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno sono stati vittima di un rapimento, nel caos della Libia post Gheddafi, il 20 luglio scorso nella zona di Mellitah, a 60 km di Tripoli. Lavoravano tutti per la Bonatti, un’azienda di Parma impiegata nella costruzione di impianti petroliferi per conto di Eni. Pollicardo e Calcagno sono stati liberati, mentre Piano e Failla sono stati uccisi. Secondo una prima ricostruzione degli avvenimenti, quest’ultimi erano stati separati da Pollicardo e Calcagno. La loro morte sarebbe avvenuta durante un trasferimento su un convoglio attaccato dalle forze di sicurezza libiche. Altri testimoni sostengono che siano stati usati come scudi umani dai jihadisti dell’Isis. Intanto il ministro degli Esteri del governo di Tripoli, Aly Abuzaakouk, ha detto che il suo governo non accetterà mai alcun intervento militare in Libia ammantato sotto qualsiasi ‘scusa’. Lo riferisce l’agenzia Mena sintetizzando una dichiarazione televisiva fatta ieri dal ministro. Su eventuali operazioni internazionali contro coloro che si riconoscono nell’Isis, Abuzaakouk ha detto che ‘siamo in grado di combattere questi gruppi e respingere qualsiasi intervento militare nel paese’. La Mena aggiunge che il ministro ha smentito di aver detto ai media italiani di aver bisogno di un ruolo dell’Italia nella guida delle operazioni internazionali. Monta intanto la rabbia dei familiari di chi non ce l’ha fatta. Rosalba Failla, moglie di Salvatore, ha detto senza mezzi termini: ‘Lo Stato italiano ha fallito, la liberazione dei due ostaggi è stata pagata con il sangue di mio marito’. Mentre il presidente della Bonatti Paolo Ghirelli ha ammesso che l’obiettivo è stato raggiunto soltanto a metà. Una volta rientrati, Pollicardo e Calcagno saranno ascoltati dalla procura di Roma per fare luce sui numerosi punti oscuri della vicenda. Al momento, infatti, non c’è certezza sulla dinamica che ha portato al loro rilascio e alla morte dei colleghi, se sia blitz o fuga, esecuzione o fuoco ‘amico’. E soprattutto, chi li ha tenuti prigionieri per così tanto tempo. Se erano criminali comuni, milizie locali o gruppi jihadisti. Dettagli importanti che potranno anche venire fuori. Come ricordavamo, nel luglio scorso è avvenuto il rapimento dei quattro operai della Bonatti e partono subito i tentativi dell’intelligence di stabilire il canale giusto con il gruppo dei sequestratori. Compito non facile in un Paese in cui spadroneggiano milizie tribali contrapposte le une alle altre. Trovato il contatto partono le trattative per capire il tipo di contropartita richiesta. Nel corso dei mesi i mediatori si rivelano inattendibili e la posta in gioco sale e si parla di richieste di denaro, ma non solo. I rapitori, inoltre, tramite mediatori più o meno attendibili, avrebbero contattato direttamente le famiglie degli ostaggi chiedendo alcune condizioni per la loro liberazione. La situazione appariva difficile, dunque, ma non impossibile, anche perché fino a pochi giorni fa gli 007 erano ragionevolmente certi che i rapiti si trovavano ancora nelle mani di un gruppo criminale e non di fanatici dell’Isis. Ma il 19 febbraio scatta lo ‘strike’ americano a Sabrata che uccide una trentina di miliziani tunisini di al Baghdadi ed anche due ostaggi serbi. In mezzo si trovano gli ostaggi italiani, all’epoca ritenuti dall’intelligence ancora tutti e quattro insieme. Dopo uno scontro a fuoco è stato fatale a due italiani che viaggiavano in un convoglio attaccato da una milizia.
Cocis