Dare vita ad una dialettica politica, in cui l’avversario non sia il nemico da abbattere, ma con cui interloquire per l’interesse della Nazione, potrebbe aprire la strada a quell’impresa tanto agognata da decenni di riformare la nostra Carta Costituzionale, rivedendola in quella parte che tendeva a regolamentare esigenze nascenti dal contesto internazionale post bellico. E’ inutile nascondercelo, l’Italia è un Paese chiave e determinante per gli equilibri europei e internazionali. Questo può spiegare l’asse Berlino- Parigi del 2008-2011, diretto ad opacizzare questa peculiarità del nostro Paese, in modo da assicurarsi una governance, a due, di marca carolingia. Rifondare le nostre istituzioni e la nostra politica, può aprire la via al dibattito su un’integrazione europea fondata su quella Costituzione dell’ Unione che si è tentato di varare all’inizio di questo secolo, ma senza successo, o quantomeno per una malcelata ostilità di Francia e Germania, per i motivi esposti. E’ indispensabile una Costituzione continentale, ma ancor più occorre riformare la Costituzione del nostro Paese. Il fatto stesso che a partire dal 1992 a seguire si siano rafforzati i poteri materiali del Presidente della Repubblica , anche se in modo del tutto legittimo , ma forzando in certi casi i limiti posti dalla Costituzione stessa, fa nascere la necessità di chiarire i poteri del Quirinale. Il tentativo fatto da Matteo Renzi di superare il bicameralismo perfetto era sicuramente lungimirante, ma il suo disegno di personalizzarlo con una buona dose di arroganza , al fine di emarginare, invece di integrare gli elettori di destra e sinistra, naufragò miseramente. Quell’idea di fondo andrebbe ripresa e accompagnata da una riforma del sistema delle autonomie e del decentramento territoriale. Ci sono regioni troppo piccole che non sono in grado di assolvere i compiti legislativi assegnati loro dalla Costituzione. Per non parlare della riforma varata per sostituire le province con le aree metropolitane: un vero flop. Occorrerebbe ripensare al sistema delle autonomie magari ridisegnandole attraverso l’individuazione di aree assimilabili tra loro per caratteristiche storico-culturali e economico sociali. Impegnarsi in uno sforzo collettivo per razionalizzare i comuni, enti intermedi e regioni, che sia in grado di collegare efficienza a rappresentanza popolare. In altri termini una scelta di organizzazione istituzionale che mette in risalto la più importante funzione dell’Italia, essere il ponte del Vecchio Continente verso l’Africa e il Medioriente .
Andrea Viscardi