Nell’ambito della delega fiscale presentata nei giorni scorsi dal governo, è senza dubbio la ventilata riforma del catasto ad aver creato i maggiori scossoni dentro la maggioranza che sostiene il governo Draghi. La Lega di Salvini si è sfilata dal voto in Cdm, una rottura poi ricomposta in qualche modo fra l’ex ministro dell’Inrerno ed il presidente del Consiglio. Ma un aggiornamento della fotografia catastale, ferma agli anni ’80, è inevitabile. Per riequilibrare le tasse in questione e perché fa parte delle richieste dell’Europa per avere i soldi del Pnrr.
Il disegno di legge delega approvato dal governo non è in senso stretto un provvedimento collegato al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma di fatto fa parte della cornice politica del Recovery Plan. Sono infatti diverse le sollecitazioni in questo senso da parte della della Commissione europea, che nelle sue raccomandazioni per il nostro Paese chiede da molti anni di “rivedere i valori catastali non aggiornati”.
Alle attuali rendite fissate in larga parte alla fine degli anni Ottanta, si dovranno infatti aggiungere sia i valori patrimoniali sia altre rendite legate agli andamenti di mercato. Con la precisazione però che i nuovi indicatori non saranno usati in nessun modo a fini tributari. Secondo il governo, la nuova mappatura degli immobili sarà disponibile a partire dal 2026 e a quel punto il governo che ci sarà deciderà se e in che misura usare le informazioni per rivedere il prelievo fiscale sugli immobili.
La direzione cui punta l’esecutivo è quella indicata dall’Associazione visuristi, che punta ad una redistribuzione senza che aumenti il gettito. “Più che di aumento di tasse, si dovrebbe parlare di una ridistribuzione del valore fiscale derivante dalla rendita catastale degli immobili dove valore di mercato sono la comparazione degli immobili nelle varie zone di una città e i metri quadrati”. Lo dice Mario Bulgheroni, presidente Avi, Associazione professionale esperti visuristi italiani. “E’ necessario cioè – spiega – creare un maggior equilibrio tra le varie zone all’interno di una città tenendo conto di dove si trova l’immobile se in zona centrale, semi centrale, periferica, estremamente periferica e così via. Dando – auspica – il reale valore di mercato all’immobile si crea un nuovo equilibrio perché ad essere vecchi non sono i coefficienti comunali bensì i criteri con cui si sono determinati gli estimi catastali”.
“Nella periferia – fa notare – dove esiste una dinamicità notevole ci sono fabbricati costruiti ed edificati in epoca più recente e, nonostante il catasto, dalla fine degli anni ’80 in poi, si sia un pochino adeguato ai valori di mercato, si registra che l’accatastamento di un immobile in periferia vale più di un immobile in centro, proprio perché qui le rendite, mai rivalutate, sono ancorate ai vecchi estimi catastali”.
“Il temuto aumento, eventuale, delle tasse dipende – avverte – da un effetto a catena che si scatenerebbe perché molte sono le imposte calcolate sulla base del valore fiscale degli immobili di proprietà. C’è da dire, però, che l’adeguamento è necessario oltre per i motivi sopra enunciati anche perché andrebbe a mettere in luce i cosiddetti immobili fantasma, quelli non censiti o, se censiti, hanno rendite non adeguate ai valori reali. Accertare il reale patrimonio immobiliare italiano, cosa che diciamo da sempre e che rientra nella mission di Avi, favorisce anche le casse dell’erario perché è facilmente prevedibile un potenziale incremento di imposte ipotecarie e catastali, inevase fino ad oggi per difetto”.
“Abbiamo appena inviato – dice – una lettera al ministro del Mef, Daniele Franco, e alla direzione generale dell’Agenzia delle entrate proprio per mettere a disposizione le nostre competenze e accelerare il più possibile il processo di riforma del catasto aiutando, piuttosto che intaccando, le tasche delle famiglie italiane”.
Se Giorgia Meloni è all’opposizione del governo e Matteo Salvini ha imposto ai suoi ministri di non votare la delega fiscale in Cdm, entrambi erano favorevoli ad una soluzione del tutto simile nel 2014, quando la riforma era la stessa e il testo pure. Si trattava di una sostanziosa riforma del “catasto dei fabbricati, al fine di attribuire a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita” – come recitava la delega fiscale. Una maggioranza trasversale promosse la proposta, con Lega e Fratelli d’Italia che votarono a favore e anzi domandarono celerità nell’operare la revisione.