Si chiamano porte girevoli: l’espressione, nella terminologia della politica, indica il passaggio delle stesse persone dal mondo della politica alla veste di funzionario o di addetto a un ente di regolamentazione, oppure il passaggio dall’attività politica a quella di lobbying o economica.
La riforma del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm), che è stata approvata dal Consiglio dei Ministri (Cdm), mette un freno a tale contestatissima pratica.
Riforma della giustizia, cosa cambia: i magistrati che entrano in politica non possono tornare giudici per 3 anni
“I magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo o incarichi di governo (da parlamentare nazionale ed europeo, consigliere e presidente di giunta regionale, a consigliere comunale e sindaco) al termine del mandato, non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale”. Il divieto vale per i 3 anni successivi a partire dal termine dell’incarico di governo.
Parla chiaro la bozza della riforma del Csm, alla quale i ministri, riuniti a Palazzo Chigi, avrebbero dato il via libera all’unanimità. Nelle prossime ore si capirà se si sono state modifiche, ma l’impianto dovrebbe essere rimasto identico.
Riforma Cartabia, cosa prevede: il giudice non può ricoprire incarichi elettivi e governativi allo stesso tempo
Naturalmente la bozza della riforma vieta anche di essere giudice e, allo stesso tempo, ricoprire incarichi elettivi e governativi, anche se in un territorio diverso. Torna in mente la polemica alimentata dal caso di Catello Maresca, consigliere comunale a Napoli e giudice a Campobasso.
Le novità sulla giustizia: come cambia l’elezione dei 30 membri del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm)
La bozza della riforma incide anche sul meccanismo di elezione dei magistrati che compongono il Csm. L’organo di autogoverno dei giudici è composto da 3 membri di diritto (il presidente della Repubblica, che lo presiede, il primo presidente e il procuratore generale della Corte suprema di Cassazione), poi da venti giudici togati e da dieci laici.
Il sistema elettorale dei 30 giudici diventa un misto maggioritario – proporzionale, in cui cui il meccanismo maggioritario è basato su collegi binominali, mentre si eleggono con il proporzionale i restanti 5 seggi.