Avviare la prima fase della riforma dell’Irpef e degli ammortizzatori sociali e a mettere a regime l’assegno unico universale per i figli: questi alcuni degli obiettivi messi nero si bianco nella NaDEF approvata ieri in CdM che indica una crescita del 6% nel 2021, a fronte del +4,5% stimato in primavera, un deficit in calo al 9,4% e un debito in calo al 153,5% del PIL. Ma è soprattutto la riforma dell’Irpef e delle sue aliquote a tenere banco.
Dal 5% dei vecchi minimi (e dei forfettari start up) al 26% dei redditi di capitale: le imposte sostitutive dell’Irpef – arrivate a contare otto diverse aliquote – sono finite nel mirino dell’esecutivo pronto a riordinare le numerose flat tax.
Come scrive il Sole24Ore, obiettivo non è azzerare tutte le sostitutive, soprattutto considerando che i regimi fiscali alternativi assorbono un decimo dell’imponibile Irpef, Tradotto: una loro eventuale eliminazione vorrebbe dire impantanarsi nelle sabbie mobile dell’impopolarità. Ad esempio, cancellare la cedolare sugli affitti, rimpiazzandola con le aliquote progressive dell’Irpef, farebbe aumentare il prelievo di 2,3 miliardi.
Secondo quanto ricostruito nelle scorse ore dal quotidiano economico, il punto di caduta finale potrebbe essere un “modello duale”, un sistema che prevederebbe un’imposta proporzionale da applicare esclusivamente sui redditi di capitale. Si punta comunque a mantenere i restanti “regimi sostitutivi cedolari”, avvicinando le aliquote al 23% del primo scaglione Irpef e salvando il regime forfettario delle partite Iva.
Al momento, si naviga a vista ma tutti concordano sulla necessità del riordino, dato per acquisito che la proliferazione delle sostitutive ha creato un “carico fiscale diseguale tra le varie fonti di reddito”. Questione, tra l’altro, sollevata dal presidente di Confindustria, Bonomi per il quale i prelievi forfettari, “hanno minato l’imponibile e introdotto distorsioni e iniquità inaccettabili sia orizzontali sia verticali”.
A fissare il perimetro, del resto, lo stesso Draghi che nelle scorse ore ha voluto rassicurare sul fatto che l’esecutivo da lui guidato ha voluto riaffermare che “il Governo non ha intenzione di aumentare le tasse”, anticipando, di fatto, la possibile linea di intervento sulle flat tax.
Molte aliquote, infatti, oggi sono lontane dal 23% del primo scaglione Irpef. Ce ne sono alcune settoriali o poco usate, come il 15% sulle lezioni private degli insegnanti o la tassa fissa di 100 euro sulla raccolta di funghi o tartufi. Ma altre sono molto diffuse, come il 12,5% sugli interessi dei titoli di Stato, il 10% sui premi di produttività ai lavoratori e la cedolare secca del 10% sulle locazioni a canone concordato.
Per portarle al 23%, si potrebbe pensare di incrementare le aliquote proporzionali e diminuire al contempo le basi imponibili, lasciando invariata l’imposta netta, come ipotizzato dal direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, in audizione al Parlamento.
Non dovrebbe, invece, essere riallineata all’Irpef, l’aliquota flat tax degli autonomi (5% e 15%): sotto tiro, invece, i coefficienti di redditività che costituiscono l’imponibile su cui applicare in modo proporzionale l’aliquota, non modificati dopo l’incremento della soglia di ricavi/compensi per l’accesso a regime agevolato fino a 65mila euro.