Riforme, aboliti i senatori a vita

L’aula del Senato manda in pensione i senatori a vita di nomina presidenziale: l’articolo 1 del ddl Casellati, che sopprime l’istituto, è stato approvato con 94 voti a favore.

Nel dettaglio il testo abroga “il secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione”, vale a dire quello che recita: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque”. Resta viva invece in vigore la parte relativa al conferimento della carica agli ex capi di Stato. “È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica”, è previsto infatti nel primo comma.

La seduta è stata sospesa più volte, in un’occasione per la mancanza del numero legale, successivamente dopo uno scontro verbale tra esponenti di Italia Viva e il ministro Casellati, “colpevole” a loro dire di un gesto irrispettoso. “La ministra Casellati non può permettersi di rivolgersi con quel gesto, si vergogni signora ministra, si vergogni”, ha accusato il capogruppo renziano Enrico Borghi, denunciando un presunto gesto fatto con le mani dal ministro per le Riforme durante il suo intervento. “Che il governo mandi a quel paese, in modo inequivocabile, per due volte un parlamentare non è tollerabile, la vicenda va ricostruita, chiedo alla presidenza di intervenire”, ha poi sostenuto Ivan Scalfarotto chiedendo il Var.

“Vergogna non si dice a un ministro, io non devo vergognarmi di nulla”, ha replicato Casellati. “Il mio gesto – ha chiarito il ministro – si riferiva al concetto di eliminazione, che lei ha usato più volte, come se io avessi il mitra, io dicevo eliminare l’istituto dei senatori a vita”. Considerato il surriscaldarsi del clima e la difficoltà a proseguire la seduta, la presidente di turno Mariolina Castellone ha interrotto la seduta per 10 minuti.

In precedenza l’opposizione se l’era presa anche con La Russa, a sua volta sottoposto a un processo alle intenzioni. La Russa, da poco arrivato per presiedere l’aula, ha richiamato i senatori al silenzio chiedendo di non disturbare l’intervento di Elena Cattaneo, una dei 5 senatori a vita in carica. “Una volta che abbiamo l’onore di poterla sentire, la sentiamo molto volentieri”, ha detto rivolto alla senatrice. L’opposizione a quel punto lo accusato di fare dell’ironia. “Nessuna ironia, era deferente”, ha replicato il presidente del Senato tra le proteste dai banchi della sinistra e del M5S e gli applausi della maggioranza.

Cattaneo, nel suo intervento, ha ricordato come lo stesso La Russa, nella veste di parlamentare, nel 2021, aveva presentato un ddl, assieme al relatore del testo Casellati sul premierato, Alberto Balboni, che puntava a mantenere i senatori a vita di nomina presidenziale, pur sottraendo loro il diritto di votare la fiducia. “Sono disposta a presentare una proposta identica”, ha detto la senatrice a vita. “Lei mi ha citato ripetutamente, io mi auguro che questa questione possa essere affrontata anche sul numero dei senatori. Penso che in un clima diverso non modificherei la mia opinione”, ha precisato La Russa, ricordando dunque come il numero dei senatori eletti sia stato nel frattempo dimezzato. Ma neanche questo ha tranquillizzato l’opposizione, che ha continuato a polemizzare.

La maggioranza comunque è intenzionata a rispettare la data che si è prefissata del 18 giugno per l’approvazione del testo, ed ha così imposto la prima seduta serale. Nonostante il contingentamento dei tempi, il timore riguarda altre forme di ostruzionismo. Per l’11 giugno, alla Camera, la maggioranza ha invece fissato l’inizio delle votazioni sull’autonomia differenziata, in modo che le due riforme procedano comunque parallelamente.

Al di fuori della aule parlamentari va menzionato il giudizio severo sul premierato di Cartabia. “Affidare alla capacità del leader la tenuta e la durata nel tempo di un governo è una semplificazione, a mio parere, molto rischiosa”. “Si sta puntando all’elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri – ha aggiunto -, con un sistema elettorale ancora da definire, ma che dovrebbe portarsi appresso la maggioranza dei voti dentro le Camere. Cioè, si confida nella forza del leader per dare stabilità. Ecco, questa è una scelta ai miei occhi molto discutibile perché, se il problema è l’instabilità delle coalizioni, il punto torna a essere quello di approntare dispositivi istituzionali che sostengano la capacità di governare insieme anche quando gli orientamenti divergono”.

Non mi stupisce che il fronte unico del dolce far niente metta sempre in dubbio qualsiasi attività di riforma, non lo scopriamo oggi”. Il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, ragiona di come potrebbe andare il confronto con l’opposizione sulle riforme e di come invece va. E, pur lasciando aperta la porta al dialogo, prende atto di una situazione che non appare dettata dalle contingenze, ma dal modo stesso in cui l’opposizione intende il proprio ruolo: “Quando si presentano 3mila emendamenti su un articolato che è veramente di pochi articoli è evidente che si sceglie lo scontro anziché il dialogo”.

Quando si presentano 3mila emendamenti su un articolato di un numero veramente limitatissimo di articoli è evidente che anziché il confronto si sceglie lo scontro, anziché il dialogo si sceglie la chiusura. Io penso che si perdano anche delle buone occasioni, perché comunque le riforme costituzionali hanno sempre visto un atteggiamento di responsabilità anche di quelle forze politiche che non erano d’accordo con le proposte avanzate. I margini quindi non dipendono da noi, ma dai nostri interlocutori. È evidente che se si vuole negare ai cittadini di poter scegliere da chi essere governati, e quindi in primo luogo il capo del governo, di strada se ne fa ben poca, perché ognuno rema nella sua direzione. La nostra proposta può essere condivisa o meno, ma se l’opposizione accettasse che ci si può dedicare a migliorarla invece di ricorrere all’ostruzionismo, allora potremmo prestare l’attenzione dovuta.

Diciamo che non scopriamo oggi che il fronte unico del dolce far niente mette sempre in dubbio qualsiasi attività di riforma. Noi riteniamo in realtà che la proposta di riforma costituzionale che è stata lanciata sia diretta esclusivamente alla parte che interessa il governo. Non va a incidere su una molteplicità di articoli della Costituzione, è ridotta ad alcuni articoli che hanno attinenza con l’articolato relativo al governo.

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