Il sentiero è ancora stretto, i nodi restano tanti, mentre, su tutto, aleggia quell’ombra della sentenza d’appello del processo Ruby che, fra non molto, potrebbe anche sparigliare le carte. Comincia, oggi, la settimana chiave per le riforme, con il primo voto sugli emendamenti in commissione Affari Costituzionali del Senato. Giorni cruciali durante i quali, in un intersecarsi di incontri con FI, M5S e i parlamentari dem, Matteo Renzi cercherà di dare lo sprint finale alla sua sfida più grande, quella delle riforme, contando sul ‘faro’ del Quirinale tanto che nel suo messaggio di auguri al presidente Giorgio Napolitano, il premier non esita a definire la guida del Capo dello Stato “in una stagione di riforme particolarmente importante per il nostro paese un presidio solido e imprescindibile”. Una giornata, in particolare, va segnata con il cerchio rosso ed è quella di giovedì quando Silvio Berlusconi, incontrando i suoi deputati, senatori ed europarlamentari, sarà chiamato a raffreddare i bollenti animi azzurri in nome del Patto del Nazareno. L’obiettivo, fanno notare fonti parlamentari della maggioranza, è quello di arrivare ad un primo voto in Aula a Palazzo Madama prima del verdetto di secondo grado sul caso Ruby che, salvo imprevisti, potrebbe arrivare già il 18 luglio. In caso di condanna di Berlusconi, infatti, la reazione di FI si preannuncia imprevedibile. L’importante, perciò, è giungere con un primo sì del Senato prima della pausa estiva. Per affrontare, si osserva, con un parziale, ma solido traguardo le incognite che, in autunno, potrebbe riservare la legislatura. L’accordo con Renzi, resta, infatti, il punto dal quale il Cavaliere per ora non intende allontanarsi. Troppo ampia è la partita che, attraverso un ruolo centrale nelle riforme, l’ex premier vuole giocare su una serie di temi chiave, da quello della giustizia all’elezione del futuro capo dello Stato. Anche per questo il Cavaliere è determinato a mantenere vivo il Patto. “Noi siamo stati determinanti alla Camera per approvare Italicum e lo siamo ancor di più al Senato per le riforme. Se non le votiamo, le riforme non passano”, afferma il capogruppo FI al Senato, Paolo Romani, facendosi portavoce del ragionamento del leader azzurro. Ma in FI le fibrillazioni non si attenuano. C’è chi, a partire dal capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, sostiene un’opposizione più dura nei confronti di Renzi, nella convinzione che l’atteggiamento avuto finora sulle riforme non abbia pagato. Inoltre il Patto, è il ragionamento della fronda meno allineata, era in larghissima parte basato sulla legge elettorale e non sulla riforma del Senato. Da qui la richiesta di un incontro che servirà a rendere partecipe tutto il partito di un percorso che, finora, ha visto il solo Denis Verdini come principale tessitore. Poi, una volta che, tenuto conto delle osservazioni ricevute, Berlusconi opti comunque per il rispetto dell’accordo con Renzi, tutti, o quasi, saranno pronti ad adeguarsi, si assicura negli ambienti azzurri. E all’incognita FI guarda con attenzione l’intero Pd. I renziani che, come Dario Ginefra, richiamano i colleghi di partito alla fine di un clima di guerriglia. La minoranza Pd, sostenitrice di un emendamento scomodo come il taglio dei deputati e i 16 senatori dem firmatari dell’emendamento per il Senato elettivo. L’assemblea del gruppo a Palazzo Madama convocata per martedì servirà ad un ulteriore approfondimento, ma è alla riunione di FI, soprattutto, che si guarda. Non a caso, se è vero che il voto in commissione Affari Costituzionali comincerà oggi, è solo dopo la riunione di giovedì che verranno affrontati i punti più caldi, a partire dal tema immunità e dall’elezione diretta dei senatori. Punto, quest’ultimo, sostenuto da una fronda corposa e trasversale e sul quale, al momento del voto in Aula al Senato, potrebbe davvero concretizzarsi qualche defezione. Rischio che, peraltro, permane anche su altri punti del testo che si stanno cercando di limare, come l’approvazione della legge di bilancio o l’elezione del Capo dello Stato, in merito alle quali ci sono emendamenti che puntano a rivedere la soglia della maggioranza.