La pioggia di emendamenti sulle riforme, quasi 8.000, presentati in Aula in chiave ostruzionistica da Sel e dai dissidenti di Forza Italia, ha scombussolato i piani del governo e dei relatori, che già erano a lavoro su alcune modifiche da inserire in Aula. Matteo Renzi e il Cavaliere non sono riusciti a piegare i frondisti di Pd ed Fi. E a questo punto, con il rischio concreto di un ostruzionismo senza fine, il problema dei tempi di approvazione del testo diventa prioritario. Chiediamo a Renzi, visto che si cambia la Costituzione, di inserire la possibilità di fare dei referendum sui temi Ue e chiediamo un referendum propositivo come in Svizzera perché la gente, possa proporre e votare. Se non ci saranno queste scelte la Lega non voterà questa brutta riforma, annota in modo lapidario Matteo Salvini, segretario della Lega. Il senatore Pd Vannino Chiti interviene in modo analogo ed afferma che non esiste una democrazia senza cittadini. Compito vero è non chiuderla in piccole stanze di addetti ai lavori. Stiamo imboccando in senso contrario l’autostrada sul senso della democrazia. Non ci intimoriamo per i quasi 8000 emendamenti al ddl costituzionale. L’unico risultato che i frenatori possono ottenere è quello di spostare di qualche giorno l’approvazione in prima lettura. Il traguardo è comunque già segnato”, afferma il senatore dem Andrea Marcucci. Anche oggi in aula ho sentito accuse assurde e strampalate al governo Renzi, sottolinea il parlamentare, purtroppo anche dai banchi del Pd. C’è chi continua ad immaginare derive della democrazia, prendendo spunto dall’elezione indiretta del Senato. Una proposta che molte altre volte è stata fatta in passato, a partire dalla Costituente. Fa riflettere l’acrimonia nei confronti degli amministratori locali e regionali, soprattutto quando viene da chi lo ha fatto per molti anni. Presidenti di Regione, consiglieri regionali e sindaci sono scelti dai cittadini e con i cittadini mantengono una necessaria stretta relazione. Si può naturalmente dissentire, prosegue Marcucci, ma continuare ad accusare di nefandezze il proprio partito, il proprio presidente del Consiglio, in sfregio alle decisioni assunte ripetutamente dal proprio gruppo parlamentare, è francamente troppo.
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