Riforme elettorali e l’ipocrisia della politica

In vista di un’ennesima riforma elettorale si torna a parlare dei difetti o dei pregi dei vari sistemi. Ipocrisia, mala fede e memoria corta come se non avessimo alle spalle più di trent’anni di discussioni e di esperimenti. Chiunque sostenga che il tale o tal’altro sistema elettorale sia in grado di assicurare stabilità alla democrazia, o è ignorante o in mala fede.La stabilità della democrazia dipende da tre cose. Una è il radicamento dei partiti, così come lo è la radicalizzazione degli elettorati o l’esatto contrario. Così come lo è l’assetto istituzionale nel suo complesso , di cui la legge elettorale rappresenta solo un frammento, anche se importante. In questa fase storica, in Italia, si assiste ad un indebolimento complessivo del radicamento sociale dei partiti. Inoltre il nostro assetto istituzionale è costruito in modo tale da garantire, che in nessun caso, l’Italia possa essere una vera democrazia governante. La nostra Costituzione generò un regime assembleare con governi istituzionalmente deboli. Crearono contrappesi di ogni genere ma non costruirono i pesi.Nonostante una stabilità politica di base, dovuta alla presenza di un partito dominante dal dopo guerra agli inizi degli anni 90, l’Italia patì l’instabilità governativa con governi deboli e di breve durata. Quando trent’anni fa, soprattutto a causa della fine della Guerra fredda, si passò ad un sistema elettorale di tipo maggioritario, non pensarono che ciò sarebbe bastato a fare del nostro Paese un’autentica democrazia governante, ma occorreva cambiare la Costituzione ponendo mano ad una riforma del sistema bicamerale. Ci sono stati tanti tentativi ed innumerevoli sforzi compiuti, l’ultimo culminato con il referendum, promosso da Renzi nel 2016, ma il risultato è stato un fallimento totale. Questo spiega che quale che sia la legge elettorale in vigore, l’instabilità governativa cronica non potrà essere eliminata. Quindi ridimensionate le aspettative che possono derivare da una legge elettorale, si può dire che ci sono inconvenienti più o meno gravi sia con il sistema maggioritario che con quello proporzionale. Il sistema maggioritario favorisce una competizione tra due coalizioni. Ma l’esperienza di casa nostra ci insegna che è improbabile che chi esca vincitore dalle urne possa governare per l’intera legislatura. Spesso le coalizioni sono troppo eterogenee al loro interno e i loro leader sono sottoposti al ricatto politico dei gruppi più piccoli. Il sistema proporzionale genera, di per sé, l’inconveniente che se non si rafforza il centro si rischia di cadere nei vari estremismi di destra o sinistra. L’attuale sistema oggi in vigore in Italia, cosiddetto misto, ha in sé tutti i difetti sia del maggioritario che del proporzionale e garantisce l’ingovernabilità. Oggi si intravede all’orizzonte una nuova riforma in senso proporzionale, preceduta dalla riduzione del numero dei parlamentari. E’ l’unica strada praticabile per rafforzare il governo e consentire la governabilità del Paese, fino alla fine della legislatura e nel contempo sbarrare la strada a Salvini e alle sue bizzarre idee di sovranismo.

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