L’educazione finanziaria dei risparmiatori continua a essere scarsa: il 40,9% non comprende l’effetto dell’inflazione sul potere d’acquisto, il 47,8% le ripercussioni del tasso di interesse sui prestiti bancari, il 41,6% non sa distinguere tra azioni e obbligazioni. E per il 37,4% un investimento remunerativo è solo un colpo di fortuna. Sono alcuni dei dati emersi dal dal 4° Rapporto Censis-Assogestioni “I risparmiatori oltre la crisi” presentato al Salone del Risparmio, in corso si volgimento a Milano, secondo il quale oggi 4 risparmiatori su 10 dichiarano che nell’ultimo anno, a causa della fiammata inflattiva, hanno cambiato le proprie idee su come impiegare i risparmi.
Pensare di sapere e sapere veramente
Tra le persone che dichiarano di sapere che cos’è l’inflazione, 4 su 10 non sanno che riduce il potere d’acquisto dei redditi. Vale per il 34,2% dei laureati, il 38,2% dei diplomati e il 63,2% di chi detiene titoli di studio più bassi. La verifica delle reali conoscenze finanziarie smentisce l’autovalutazione positiva di molti risparmiatori. Tra coloro che pensano di avere adeguate conoscenze finanziarie, il 25,4% ha risposto bene a due quesiti, il 15,4% a un solo quesito, il 7,1% a nessun quesito.
Il rapporto ha sottolineato che la presunzione di sapere espone al rischio di fare scelte finanziarie sbagliate. Il 40,2% di chi è convinto di possedere adeguate conoscenze finanziarie ha sperimentato perdite sui propri investimenti rispetto al 29,8% di chi pensa di non avere adeguate conoscenze in materia. L’eccesso di fiducia nelle proprie competenze infatti porta ad abbassare la guardia e ad esporsi di più. Tra chi pensa di possedere ottime o buone conoscenze finanziarie, il 14,3% è pronto a prendersi alti rischi per ottenere subito rendimenti elevati rispetto al 7,9% di coloro che pensano di non avere sufficienti competenze.
L’inflazione ha già ridotto la propensione alla liquidità
L’inflazione galoppante ha già avuto effetti negativi sulla liquidità, intesa in senso ampio come detenzione di contanti e depositi. Nel 2022 il contante nel portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie italiane si è ridotto di oltre 20 miliardi di euro rispetto all’anno precedente: -1,6% in termini reali. Nel mese di marzo 2023 il valore dei depositi sui conti correnti bancari era diminuito del 6,1% rispetto al marzo 2022. L’inflazione (all’8,7% nel 2022) ha ridotto l’attrattività del contante, che nei dieci anni precedenti era aumentato complessivamente di quasi 470 miliardi di euro (+61,8%).
Il peso dell’irrazionalità
Il 37,4% dei risparmiatori pensa che gli investimenti remunerativi siano dovuti solo al caso, che i rendimenti dipendano dalla fortuna. Lo pensa il 43,9% di chi è in possesso di un basso titolo di studio, ma anche il 39,2% dei diplomati e il 32,5% dei laureati. L’irrazionale nel rapporto con il risparmio e con gli investimenti è ancora molto diffuso. Per tanti risparmiatori investire è come giocare al superenalotto: contano solo il caso e la buona sorte. Il 46,6% di chi non possiede adeguate competenze finanziarie pensa che i buoni investimenti dipendano dalla fortuna, ma anche il 30,8% di chi dichiara di essere competente in materia.
Il ruolo dei consulenti finanziari
Infine il rapporto ha evidenziato che il55,9% dei consulenti finanziari intervistati ritiene che il termine che descrive meglio lo stato d’animo attuale dei loro clienti è “cautela”. Seguono il disorientamento (40,0%), l’ansia (24,3%) e la speranza (16,5%). In merito alle conoscenze finanziarie dei propri clienti, meno dell’1% dei consulenti le definisce ottime, il 21,3% le giudica buone, il 50% sufficienti, il 28,2% insufficienti. Solo al 7,1% dei consulenti capita spesso di incontrare clienti con una educazione finanziaria elevata.