Ristorante vietato ai politici. La Casta insorge: “trattati come cani”

Dopo la pizza da 100 euro pagata, mesi fa, dall’onorevole del PD Sergio D’Antoni nella pizzeria Sorbillo a Napoli, il gelato da 30 euro a Roma e il caffè da 10 euro al bancone e 25 al tavolino in un caffè di Napoli arriva ora anche il divieto di ingresso nei ristoranti per i politici. La nuova iniziativa anti casta parte da Fermignano, in provincia di Pesaro e Urbino. ‘Divieto di entrare a tutti i politici’, è scritto su un cartello all’ingresso della locanda ‘La Brace’. Quello di Lorenzo Vedovi è un ‘consiglio’ a ‘tutti i rappresentanti di partiti politici ad ogni livello, di qualsiasi incarico’ di non entrare nel suo ristorante. “Una provocazione per attirare l’attenzione sul fatto che oggi gli imprenditori sono costretti a fare gli equilibristi”. Vedovi ha, comunque,  specificato che “non tutti sono corrotti e responsabili dei problemi che il nostro paese sta attraversando, ma fino a quando non vi sarà chi denuncerà i propri colleghi colpevoli di illeciti, i politici sono pregati di non varcare la soglia del mio ristorante”.

La Casta, naturalmente, non ha gradito la mossa del ristoratore ed è subito scesa in piazza per difendere i suoi diritti. “Siamo al divieto di ingresso al ristorante ai politici, come ai cani: a quando l’obbligo per chi fa politica di girare con una croce gialla sulla giacca, come gli Ebrei sotto Hitler?”si è chiesto, sdegnato, l’on. Luca Paolini, deputato della Lega Nord. L’esponente del Carroccio ha incassato l’immediata solidarietà del deputato campano Vincenzo D’Anna, membro della Giunta per le Autorizzazioni a procedere di Montecitorio ed esponente della consulta regionale del Pdl Campania. “Il sonno della ragione genera mostri” ha sottolineato il parlamentare D’Anna. “Il clima di odio e di livore contro Berlusconi si è esteso a tutti. Complici guitti, comici, demagoghi alla Di Pietro, giornalisti milionari alla Santoro e Travaglio, giornali di regime ed i grandi potentati economici che ne detengono la proprietà che giocano allo sfascio del sistema democratico”. “Al di la delle colpe delle eterne classi dirigenti dei partiti politici che ripercorrono antiche strade – prosegue l’esponente del Pdl – è in pericolo il ruolo del Parlamento e delle istituzioni nazionali.
Il qualunquismo attecchisce laddove svaniscono le politiche assistenziali dello statalismo pauperistico con il relativo debito pubblico. L’opportunismo dei beneficiati da quel sistema, degli evasori impenitenti fanno il resto”.

 

 

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