«Voglio essere molto chiaro. Non ci sono trattative in corso con nessuno per una grossa operazione di fusione, sicuramente non con Renault. L’operazione con il gruppo francese è pura e semplice speculazione». A parlare è Carlo Tavares, amministratore delegato di Stellantis, a seguito dell’approvazione dei conti 2023 del gruppo automobilistico. L’azienda ha chiuso l’anno con un bilancio decisamente positivo: +11% l’utile netta e +6% i ricavi. Risultati record per Stellantis, che ha annunciato un premio medio di 2.112 euro a tutti i dipendenti italiani. Anche sul fronte della produzione, i dati sono più che soddisfacenti. Nel 2023 Stellantis ha prodotto in Italia 752mila veicoli, in aumento del +9,6% rispetto all’anno precedente, mentre la produzione dei componenti è cresciuta del +10,5%. «Abbiamo la capacità per raggiungere 1 milione di veicoli al 2030 e forse anche prima se la produzione continuerà a crescere del 10% l’anno», ha annunciato Tavares commentando i risultati record del gruppo e sottolineando che «il 63% della produzione italiana viene esportata».
Per quanto riguarda la concorrenza estera, in particolare delle aziende asiatiche, l’ad di Stellantis assicura di essere pronto: «Contro la Cina useremo tutte le competizioni che abbiamo, comprese quelle di Torino. Abbiamo bisogno dei migliori cervelli per sviluppare la tecnologia necessaria per combattere la concorrenza». Tavares ha quindi ricordato la creazione del laboratorio per le batterie del futuro già operativo nel capoluogo piemontese. Al di là dei risultati soddisfacenti per il 2023, il numero uno di Stellantis ha fornito nuovi dettagli anche sul rischio chiusura di alcuni impianti italiani paventato nei giorni scorsi. L’allarme sollevato da Tavares aveva causato preoccupazione sia tra i sindacati che nel governo, con il ministro Adolfo Urso che si era detto aperto all’ipotesi di un ingresso dello Stato nell’azionariato di Stellantis. Oggi, sull’onda dei buoni risultati economici del 2023, Tavares è sembrato decisamente più ottimista: «Per raggiungere l’obiettivo di un milione di veicoli abbiamo bisogno di tutti gli stabilimenti italiani, quindi c’è sicuramente un futuro per Pomigliano e per Mirafiori. Arrivano nuovi modelli, ma non posso dire ancora quali».
Il Presidente John Elkann ha iniziato una nuova era per il Gruppo Stellantis in cui rientrano la FIAT, l’Alfa Romeo, la Maserati ed altri top brand.
La nascita di Stellantis, derivante dalla fusione tra FCA e PSA, ha costituito il quarto costruttori più forte al mondo, alle spalle solo di Toyota, Gruppo Volkswagen e Alleanza Nissan-Renault-Mitsubishi. Per raggiungere i più alti traguardi sul mercato internazionale dell’auto sono state già fatte delle scelte audaci.
Basti pensare che negli ultimi anni il listino della FIAT è stato, completamente, stravolto dal lancio di vetture alla spina. Sono arrivate la Topolino, la nuova 600 e l’e-Doblò ad arricchire una gamma sempre più improntata all’elettrico. Per conseguire risultati di grido sul car market internazionale si è parlato della possibilità che anche la futura FIAT Panda venga prodotta al di fuori dei confini nazionali. La politica di esportazione del lavoro è iniziata già molto tempo fa con la creazione di fabbriche in Polonia e in altri Stati dove era possibile fabbricare vetture a costi più bassi.
La frattura potrebbe diventare insanabile con la rivoluzione che attende l’industria dell’Automotive 2.0. Con una fase di grave crisi economica in cui moltissime famiglie non si possono permettere il lusso di cambiare auto, per fronteggiare l’avanzata cinese, i marchi storici nostrani stanno ricorrendo ad una fuga all’estero. Ora il timore del Governo è che decine di migliaia di famiglie si ritrovino senza lavoro. L’esportazione dei prodotto Stellantis all’estero potrebbe segnare un declino assoluto dell’italianità autentica.
La creazione della nuova gen della Panda potrebbe avvenire in Serbia. Questo ha generato un dibattito tra Governo e Stellantis in merito alla produzione futura. Per salvaguardare il prodotto interno nostrano vi sarebbe la richiesta di produrre almeno 1 milione di mezzi ogni anno, non dando una mazzata ad un popolo già in enormi difficoltà. La questione è delicata, proprio come la fuga di cervelli all’estero, ma non sembrano esserci molte possibilità di un incontro a metà strada.
Facendo un passo indietro, ancora prima della nuova politica targata Stellantis, il Presidente John Elkann aveva annunciato che non avrebbero potuto più occuparsi dell’Italia. Una frase pronunciata nel 2021 che fu riportata da Il Fatto Quotidiano, dopo una intervista che suscitò molto scalpore. Le parole di John Elkann sembravano essere una critica al modo di fare impresa nel Belpaese, ma nascondevano una amara verità.
Lo Stato aveva bisogno, in una fase molto delicata di crisi acuita dalla pandemia, di certezze e il discorso del nipote designato di Gianni Agnelli sembrava un richiamo, nei confronti dello Stato, ad una contribuzione per migliorare la competitività del prodotto interno. Ci furono reazioni molto contrastanti. Tra chi lo accusava di un chiaro disinteressamento per le politiche lavorative italiane, ed altri che condividevano il pensiero critico nei confronti del Governo.
Le politiche avute nello Stivale, negli ultimi 20 anni, hanno contribuito a creare delle fratture insanabili con il mondo dell’imprenditoria. La posizione del capo di Exor fu eloquente. Il governo Draghi, insediatosi poco dopo le parole del rampollo della famiglia Agnelli, provò ad apportare alcune modifiche importanti. Il cambio di passo non c’è stato e con la Meloni è iniziata anche una battaglia dialettica sull’imprenditoria che non rasserenerà gli animi dei lavoratori. Non ha risparmiato attacchi al sistema creato da Stellantis neppure Matteo Salvini, da sempre attento all’italianità.
La risposta di Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, non si è fatta attendere. Sono volate parole grosse, ma considerati gli aiuti statali di cui ha goduto per decenni la FIAT, sarebbe anche giusto smorzare i toni. Giorgia Meloni si è esposta anche sulla presunta carenza di ecoincentivi, ma è stato programmato quasi un miliardo di euro per favorire la transizione ecologica.