Di Ilaria Salis non avremmo saputo granché se non fosse stato per il presenzialismo del padre. Abbiamo conosciuto le sue gesta di maestra “combattente”, le idee rivoluzionarie, i suoi patimenti da emula postuma di Silvio Pellico, tutto rigorosamente filtrato dall’onnipresente genitore che non ha mai fatto mancare la sua voce, prevalentemente a sproposito, sui giornali, nelle trasmissioni televisive, nelle manifestazioni, sostituendosi in tutto e per tutto alla figlia. Una fanciulla non più in tenerissima età, avendo compiuto trentanove anni, che appare totalmente oscurata dalla figura paterna.
La stessa candidatura a parlamentare europea nelle liste di Alleanza Verdi Sinistra è stata caldeggiata dal padre, immancabilmente presente quando Fratoianni e Bonelli l’hanno annunciata in conferenza stampa a Montecitorio, tanto che nella stessa nota diffusa da AVS si legge che il partito ha deciso di candidare Ilaria Salis “In accordo con il padre”. Mai si era vista una candidatura che richiedesse l’approvazione paterna.
È Roberto Salis che ha fatto la campagna elettorale di Ilaria, sempre lui a festeggiare l’elezione della figlia al parlamento europeo con Fratoianni e Bonelli, ancora lui a querelare i giornali che danno la notizia della occupazione abusiva da parte di Ilaria di un alloggio popolare dell’Aler a Milano, per il quale sembra che la monzese abbia maturato una morosità che si aggira intorno ai 90 mila euro.
Ilaria è, ed è stata, la figlia combinaguai deresponsabilizzata alla quale poi pensa il padre. Elude processi così come leggi, regole e conti da saldare, d’altronde, come i minorenni, non risponde delle sue azioni, semmai ne risponde il genitore, nella fattispecie il capofamiglia.
Roberto Salis era presente anche al corteo organizzato dall’Anpi il 25 aprile. “Sono qui a rappresentarla fintanto che mia figlia non può venire con le sue gambe”. Intanto papà Salis si prende tutta la scena, decide, dichiara la volontà della figlia, un vero patriarca riemerso dalla storia grazie alla sinistra che se ne serve per la sua causa e proprio per questo, nonostante sia un patriarca, lo osanna e lo colloca nel suo sancta santorum.
“Se ci fosse la Thatcher in questo momento a capo del governo sicuramente risolverebbe la situazione nel giro di tre ore, se al posto della Thatcher c’è il nano Mammolo questa roba andrà avanti in eterno…“, così afferma Roberto Salis, padre della neodeputata europea Ilaria Salis. Che pretende di essere scarcerata subito, immediatamente, dopo aver goduto del privilegio di un’elezione che oltre a liberarla dai domiciliari le risolve i problemi di precariato. Ha fretta, Roberto Salis, come se il primo problema dell’Italia – ricordiamo che la premier è impegnata nel G7 in Puglia – fosse quello di assicurare la libertà a una che se ne va in giro con amichetti angelici che si chiamano “la banda del martello”.
Fratoianni e Bonelli potrebbero suggerirgli almeno di darsi una calmata. Invece sono tutti offesi perché il presidente del Senato Ignazio la Russa ha detto la verità: hanno candidato Ilaria Salis per ottenerne la scarcerazione. Ne hanno ottenuto l’elezione. Ora non è proprio il caso di irridere una premier il cui governo si è comunque adoperato per la figlia in quanto cittadina italiana detenuta all’estero. Ce ne sono altri 2600 cha la sinistra non ha attenzionato e non attenzionerà.
La risposta del ministro degli Esteri Tajani al pressing di Avs e del padre di Ilaria Salis è arrivata nel corso della conferenza stampa di commento al voto. “Io non ho l’autorità di far liberare Ilaria Salis. Tocca a noi e al Parlamento europeo notificare all’autorità ungherese l’elezione di Salis a deputato europeo. Poi dovrà essere soprattutto il Parlamento europeo a intervenire perché ci sia la possibilità per lei di partecipare all’Assemblea”, così Tajani ai giornalisti. “Noi notificheremo alle autorità ungheresi che è stata eletta, ma dobbiamo aspettare la proclamazione”.
Adesso si può dirlo senza timore di sbagliare: Ilaria Salis è una pregiudicata. Quando andrà a prendere il suo posto all’Europarlamento, la Salis vi arriverà accompagnata anche dal documento che tecnicamente viene definito «certificato del casellario giudiziale», e che nella lingua corrente viene chiamato «fedina penale». È il documento che serve a chiunque aspiri a un posto pubblico, e che serve a dimostrare di essere incensurato. In questo caso, il documento dimostra che la Salis incensurata non è.
Il certificato è stato richiesto dalla Salis il 30 aprile scorso attraverso i suoi legali, al costo di sedici euro, e fa chiarezza su un punto – il curriculum giudiziario della militante antagonista – su cui si è molto discusso fin dal gennaio scorso, quando le sue immagini in catene nell’aula del tribunale di Budapest sollevarono sconcerto e indignazione. Chi in quei giorni citava i precedenti penali, veri o presunti, della maestra milanese veniva accusato dal suo entourage, e in prima fila dal padre, di alimentare la «macchina del fango» ai suoi danni. Al ministro Matteo Salvini, che la indicava come partecipante all’assalto a un gazebo della Lega, papà Salis reagì annunciando querele.
A carico della neo-deputata di Avs risultano due condanne definitive, e entrambe derivano da episodi di cui in queste settimane si è parlato parecchio. La prima «sentenza della Corte d’appello di Milano irrevocabile il 19/5/2019» conferma la condanna emessa nell’ottobre precedente dal tribunale di Milano: reato di invasione di edifici pubblici. La vicenda è relativa alle case popolari al Corvetto occupate dal collettivo anarchico di cui anche la Salis faceva parte, e dove la giovane venne identificata dalla Digos. La donna chiede il rito abbreviato per limitare i danni, la Corte d’appello la condanna a dieci mesi di reclusione contestandole la «recidiva»: infatti già nel maggio 2014 era stata condannata per un reato analogo, e le due condanne si sommano. Pena totale, stabilita nel maggio 2021 dalla Procura: un anno e venti giorni, con la sospensione condizionale.
Nel 2022, arriva un’altra condanna definitiva, anche questa citata nel certificato. L’antagonista viene condannata a sei mesi di carcere per resistenza a pubblico ufficiale, per gli scontri che nel novembre 2014 il suo collettivo ingaggiò con la polizia per impedire lo sgombero degli alloggi al Corvetto. La Cassazione respinge il suo ricorso, e la condanna di Ilaria diventa «irrevocabile il 3/7/2023», quando la Salis è già da cinque mesi in carcere in Ungheria. Sei mesi dopo, le immagini con i ferri ai polsi la trasformano in un caso politico-mediatico e la avviano sulla strada per Strasburgo.