“Quella di Gualtieri è una candidatura di grande autorevolezza, europea e internazionale, alla fine ha prevalso per una scelta fatta apertamente, di buon senso”, ha detto Goffredo Bettini alla Direzione del Pd.
“Oggi c’è Gualtieri, una candidatura potenzialmente fortissima. Parte con un pò di svantaggio, è stato un pò fermo in panchina. Recupererà prestissimo, se lo aiutiamo e gli diamo una mano sincera, il piccolo gap iniziale. E’ il miglior candidato tra i vari in campo, al quale i romani daranno fiducia”, ha detto ancora Bettini.
“Alle amministrative del 2016 io non c’ero, quella sconfitta pesante a Roma, Torino, Napoli è stata l’inizio del nostro scollamento di connessione sentimentale con il Paese che ha portato alla rovinosa sconfitta del 2018”, ha detto Enrico Letta alla Direzione del Pd.
“Dobbiamo recuperare la connessione sentimentale che passa dalle grandi città che abbiamo perso nel 2016 e questo passa da un impegno con grande delicatezza e attenzione per rispettare tutti e trovare le soluzioni migliori”, ha spiegato il segretario del Pd.
“Al Pd faccio una proposta: stringiamo un accordo di reciproco sostegno al ballottaggio. Se, invece, come sembra preferirebbero la Raggi, non ci siamo”, dice Carlo Calenda ad HuffPost.
Letta però non ha detto che al secondo turno sosterrebbero la Raggi… “Letta è stato più sibillino” mentre “Boccia propone da tempo intese con i Cinquestelle al ballottaggio. Il Pd deve decidere se fare un’alleanza con forze liberali e riformiste o con M5S. Non è la stessa cosa”.
E se al ballottaggio la scelta fosse tra Raggi e Bertolaso, lei chi voterebbe? “Bertolaso tutta la vita. Per me contano le qualità e le possibilità di mettere in campo un progetto efficace per Roma. Non voterò mai la Raggi”.
‘Il movimento di Grillo e Casaleggio non esiste più, quel movimento è imploso. La vera rottura per loro è stato l’aggancio con il potere. Per cui oggi la leadership Conte è obbligata a un’operazione di verità e spero che porti un pezzo di quel movimento” nel campo alternativo alla destra. Ma noi saremo più convincenti in questa opera quanto più sapremo rafforzare il nostro progetto e la nostra proposta’, dice Gianni Cuperlo alla Direzione Pd.
Dopo Roma e, a cascata, ciò che è avvenuto nella altre città disvelando il grande equivoco sull’alleanza con i Cinque Stelle, Enrico Letta, nella sua relazione alla direzione del Pd compie una sterzata la compie rispetto alla linea seguita fin qui: ‘Le alleanze – dice – sono conseguenza di chi siamo, non definiscono la nostra identità’
Questo è – né più meno – quel che il segretario disse al momento della sua elezione all’unanimità, dietro la quale, come evidente nelle settimane successive, permaneva il grande equivoco di una collocazione strategica irrisolta e la rimozione non banale della ‘vergogna’ che aveva portato alle dimissioni del suo predecessore: prima cioè la costruzione di un centrosinistra, poi il confronto con i Cinque stelle, in attesa del parto della leadership di Conte, dopo lungo travaglio. In realtà è un grande equivoco perché è complicato definirsi alleati, pur andando separati ovunque, a Roma come a Torino e Milano.
C’è una consapevolezza obbligata nello choc di un fallimento strategico visto che senza l’alibi di una alleanza, anche la sconfitta è senza alibi: si vince o si perde da soli.