Vladimir Putin, fedele alla sua interpretazione decisamente autoritaria della democrazia, ha scatenato una repressione senza precedenti contro il suo oppositore Alexej Navalni, facendolo arrestare sotto casa e arrestando successivamente 750 suoi supporters a Mosca e altri 900 a San Pietroburgo. Il blogger voleva tenere una manifestazione pubblica in piazza ma a Putin la scelta non andava bene: troppo prossima al Cremlino. Pressato dalle polemiche e dalle inchieste sul Russiagate, persino Donald Trump che ha sempre mostrato una certa simpatia per Putin, ha fatto sapere attraverso il suo portavoce che condanna l’azione repressiva chiedendo contemporaneamente la liberazione degli arrestati.
Il protagonista rimane sempre il leader dell’opposizione russa Alexey Navalny. Non a caso l’architetto della giornata ha spostato appositamente la data della manifestazione al 12 giugno, proprio mentre si festeggiava il giorno della Russia (День России). Per questa occasione la Piazza Rossa di Mosca è riservata alle rievocazioni storiche delle diverse forze militari e ai successi ottenuti nel corso dei secoli sui campi di battaglia. Le autorità di Mosca avevano autorizzato lo svolgimento della manifestazione in un luogo della capitale precedentemente indicato, ma Navalny all’ultimo momento ha cambiato idea provando a far confluire i dimostranti in una strada che porta direttamente alla Piazza Rossa. Il ripensamento logistico è stato considerato dal Cremlino una provocazione.
Secondo le notizie diffuse dai media russi, circa 5000 persone si sono radunate nella città siberiana di Novosibirsk, la più grande folla dopo le manifestazioni del 1991 quando venne chiesto lo smantellamento dell’Unione Sovietica. In un’altra città siberiana sud-occidentale, Omsk, sono scesi in piazza 4000 manifestanti, mentre nella Siberia orientale, ad Irkutsk, ne hanno calcolati 2000.
I collaboratori di Navalny a Mosca impegnati a trasmettere e amplificare i messaggi provenienti dalle piazze del paese, si sono subito resi conto che la repressione stava per scattare. A metterli in allarme le interferenze di tipo tecnologico: infatti, nel corso della giornata è saltata l’erogazione dell’energia elettrica e i collegamenti internet sono andati in tilt. Ma questo non ha impedito agli uomini di Navalny di continuare nella loro azione informativa e di mobilitazione.
Lo slogan più urlato dagli oppositori era di una chiarezza disarmante: ‘Putin è un ladro’. Il pugno di ferro si è abbattuto sugli oppositori del Cremlino: circa 1200 persone sono state arrestate, la protesta è stata sciolta a colpi di manganellate e gas lacrimogeni. Anche Alexey Navanly è stato tratto in arresto mentre usciva dalla sua casa moscovita per raggiungere il luogo della protesta, a manifestazione non ancora cominciata.
Per Navalny, d’altro canto, non è il primo arresto. Fu messo dietro le sbarre anche il 26 marzo scorso, quando aveva incitato alla protesta i russi dopo aver pubblicato alcuni documenti nei quali si affermava che il primo ministro, Dmitry Medvedev, aveva accumulato una ingente fortuna attraverso attività corruttive..
Ufficialmente, le manifestazioni sono contro la corruzione, ma sono anche una forma di pressione di Navalny per convincere il Cremlino a farlo partecipare alle elezioni presidenziali del marzo del prossimo anno e contendere così la poltrona a Vladimir Putin. Una partita complicata perché la condanna già subita tecnicamente gli impedisce di candidarsi.
Almeno altri quattro manifestanti sono stati fermati a Blagoveshchensk, nell’estremo oriente russo. Scontri fra polizia e manifestanti sono stati registrati a Vladivostok, dove sono una ventina gli oppositori fermati.
L’energia elettrica è intanto saltata negli uffici di Mosca della Fondazione contro la corruzione di Navalny da cui venivano rilanciate sui social le immagini delle oltre 200 manifestazioni contro la corruzione organizzate in tutto il Paese, secondo quanto ha denunciato lo stretto collaboratore dell’oppositore, Leonid Volkov.