Salario minimo e Di Maio: “Si farà prima del 2020. Soglia di 9 euro lordi l’ora”

“Il salario minimo si farà, perché è nel contratto di Governo e perché già esiste in molti Paesi europei”. È quanto ha assicurato, oggi, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio.

“Nella legge Catalfo (M5S) – ha aggiunto il Vicepremier commentando, su Facebook, il post fatto in mattinata dal Movimento 5 stelle sul proprio blog in cui si annunciava l’approvazione della misura “prima del 2020” – prevediamo di fissare per legge una soglia di almeno 9 euro lordi all’ora al di sotto della quale non si può scendere. In sostanza, contratti da 3 o 4 euro l’ora come se ne vedono oggi non saranno più consentiti, perché 3 o 4 euro l’ora non è lavoro, è schiavitù”.

“Stiamo ultimando i lavori sulla nostra proposta di legge sul salario minimo orario, in discussione al Senato. Si tratta di una misura di civiltà che coinvolgerà un numero considerevole di lavoratori, circa 3 milioni secondo l’Istat” fanno sapere dal M5s, definendo tale provvedimento “il terzo pilastro della politica sociale” attuata dal Movimento dopo “il Decreto dignità e il Reddito di cittadinanza“.

Contro la misura, in un’intervista pubblicata oggi sul Corriere della Sera, si è scagliato il vicepresidente di Confindustria Maurizio Stirpe. “Il Governo vuole fissare per legge il salario minimo in modo da aiutare i lavoratori più deboli. Ma l’effetto potrebbe essere esattamente opposto perché, se diventa un’alternativa ai contratti collettivi, finisce per togliere diritti e tutele ai lavoratori. Un’azienda che dovesse rispettare solo il salario minimo, che il Governo vuole fissare a nove euro lordi l’ora, non avrebbe più nessun interesse a fare contrattazione su altri temi”, ha affermato Stirpe.

Secondo il Vicepresidente di Confindustria “il rischio è smontare il sistema dei contratti nazionali, che non regolano solo il salario ma anche tanti altri temi rilevanti, come ferie, malattia, straordinari. E far saltare il sistema dei contratti farebbe saltare anche queste tutele”. Per Stirpe “la strada migliore è calcolare un salario minimo per ciascuno dei settori senza contratti collettivi nazionali, a partire dai minimi contrattuali previsti nei comparti da un contratto nazionale. Naturalmente considerando quelli sottoscritti dalle organizzazioni di rappresentanza comparativamente più rappresentative e, quindi, tagliando fuori i contratti pirata”.

“Se il Governo vuole proprio andare avanti, senza ascoltare le nostre osservazioni e nemmeno quelle dei sindacati che la pensano come noi, almeno chiarisca che i nove euro comprendono i ratei di ferie, tredicesima e Tfr. Altrimenti il rischio di svuotare i contratti nazionali è davvero altissimo. I contratti e i costi salirebbero, specie se si considera l’intera catena dei fornitori. Ma è proprio questo meccanismo – ha concluso Stirpe – che potrebbe far saltare i contratti nazionali, danneggiando alla fine i lavoratori. Senza contare un altro rischio: un aumento dei costi può essere scaricato sui prezzi”.

Conciliante la risposta di Di Maio a Confindustria:“Non apriamo scontri, apriamo un confronto sano invece per trovare un punto di caduta che, principalmente, abbia lo scopo di restituire dignità ai lavoratori e arginare ogni proposta indecente al limite della schiavitù. Un confronto – ha concluso il Vicepremier – che porti anche a premiare quegli imprenditori onesti che con il loro sudore portano avanti la nostra economia. I prossimi obiettivi: giù le tasse e stipendi dignitosi”

Critica sulla misura anche Confcommercio. “Occorrerebbe dare impulso alla contrattazione collettiva contrastando con determinazione la diffusione dei cosiddetti contratti-pirata e rafforzando, invece, il ruolo dei contratti sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, anche in riferimento ai minimi salariali definiti in sede di contratto. In un paese come l’Italia – afferma l’Associazione – è quasi paradossale pensare di affidare il tema del salario minimo alla regolazione di legge. Paradossale perché la remunerazione della prestazione lavorativa trova il più efficace strumento di definizione nel confronto contrattuale tra le parti e perché, attraverso la contrattazione, il rapporto di lavoro viene complessivamente disciplinato in una più ampia sfera di diritti e di doveri fino a ricomprendere la dimensione del welfare contrattuale in materia di previdenza e assistenza sanitaria integrativa”.

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