Giorgia Meloni prende tempo – e si prende la scena – sul salario minimo, che per lei non risolve affatto il problema dei bassi salari e del lavoro povero. E davanti alle opposizioni, che si presentano per la prima volta unite a Palazzo Chigi per affrontare il nodo del salario minimo, rilancia proponendo di dare al Cnel la regia di un lavoro approfondito per arrivare a una proposta di legge “che affronti una materia così ampia nelle sue complessità”. Un tentativo di “fare melina”, un “diversivo” per la minoranza che, poco convinta che si arriverà a un risultato, non si sottrarrà “al confronto” ma allo stesso tempo continuerà anche con la raccolta firme la battaglia per il salario minimo.
Meloni lancia la sua proposta. Niente dettagli subito, facciamo fare dal Cnel (“ho già la disponibilità di Renato Brunetta che è pronto a convocarvi da domani”) tutte la analisi, dati alla mano. E poi vediamo, il ragionamento, quale può essere la via più interessante e “condivisa” da perseguire. Con l’obiettivo di “rafforzare i salari, combattere il lavoro povero. Sono questioni che ci interessano”, spiega la premier annunciando che la prossima legge di Bilancio sarà tutta concentrata “su famiglie e lavoro”. Ci sono anche le questioni “dei contratti pirata, della precarietà, dei lavoratori esclusi dalle tutele”, spiegando che è stato “un segnale di attenzione e di rispetto” non presentare una proposta prendere o lasciare – “non ricordo di essere mai stata convocata dal premier per una proposta fatta in Parlamento quando ero all’opposizione”.
Sessanta giorni, di qui alla manovra, per trovare «soluzioni efficaci», e «insieme». E davanti alle opposizioni, che si presentano per la prima volta unite a Palazzo Chigi per affrontare il nodo del salario minimo, rilancia proponendo di dare al Cnel la regia di un lavoro approfondito per arrivare a una proposta di legge «che affronti una materia così ampia nelle sue complessità».
Il Cnel è stato indicato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, come la sede più appropriata per studiare un intervento condiviso di contrasto al lavoro povero e ai bassi salari. Già nei mesi scorsi il presidente Renato Brunetta aveva candidato il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, dove sono depositati i contratti collettivi e sono rappresentate le parti sociali, come soggetto facilitatore.
Una memoria presentata da Renato Brunetta alla commissione Lavoro della Camera ha avanzato otto proposte.
- La necessità di un profondo e significativo coinvolgimento e confronto con le parti sociali
- Non limitarsi all’alternativa salario minimo per legge sì o no, ma affrontare, a monte, i problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori, tra cui i ritardi nei rinnovi contrattuali aggravati dalla crescita del costo della vita e dall’elevato cuneo fiscale, dall’impatto della precarietà, del part-time involontario e del «lavoro povero».
- Affrontare il nodo della bassa produttività.
- Intervenire sul dumping contrattuale che rischia di impattare negativamente sulla qualità della contrattazione collettiva.
- Contro i contratti pirata, far riferimento al trattamento economico come determinato dal Ccnl di riferimento.
- Intervenire sui bassi salari dal lato della riforma fiscale.
- Favorire un pieno sviluppo a tutti i livelli della contrattazione, al fine di rispondere in maniera strutturale, con soluzioni di medio e lungo periodo, alle criticità presentate.
- Indicare il Cnel come sede del National Productivity Board per l’Italia, previsto da una raccomandazione della Ue. Inoltre viene proposto di rilanciare la connessione tra salari e andamento di impresa. Tra le forme di decontribuzione per le imprese si ipotizza di favorire le forme di partecipazione dei lavoratori, con una più forte legislazione fiscale di sostegno, a partire dalle soluzioni di profit sharing.
Un tentativo di «fare melina», un «diversivo» per la minoranza che, poco convinta che si arriverà a un risultato, non si sottrarrà «al confronto» ma allo stesso tempo continuerà anche con la raccolta firme la battaglia per il salario minimo. La premier per la prima volta scende in piazza Colonna per una dichiarazione. E davanti alle telecamere a orario tg conferma, come hanno fatto poco prima le opposizioni, che le «divergenze ci sono», ma c’è tutto il tempo per «coinvolgere anche le parti sociali» e fare un lavoro «insieme», parola che usa di più anche nelle due ore attorno al tavolo in Sala Verde.
Pd, M5s, Azione, Verdi, Sinistra e +Europa si presentano puntuali alle 17. Da una parte il governo, con la premier al centro, dall’altra Elly Schlein e Giuseppe Conte ai due lati di uno spazio lasciato per far partecipare – dallo schermo da cui è videocollegato – anche Matteo Salvini. Che parla poco durante il confronto, anche se la Lega poi sarà la più tranchant nei confronti di opposizioni che restano «sulle loro posizioni ideologiche». Una certa «rigidità» la nota anche Antonio Tajani, assicurando comunque che l’obiettivo è quello di «salari più ricchi».
Per le opposizioni, però, è il segno che «il governo non ha le idee chiare», dice Elly Schlein. Della stessa opinione Giuseppe Conte: il governo, dice il leader M5S, «butta la palla in tribuna» perché, incalza anche Nicola Fratoianni, in realtà «non hanno una proposta alternativa». Più ottimista Carlo Calenda, pivot dell’incontro, che un dato positivo lo vede: «nessuno ha sbattuto la porta». Ma, lamentano un pò tutti, ci sono stati 4 mesi di discussione in commissione, compresa l’audizione del Cnel. C’era tutto il tempo per studiare una controproposta. Che non è arrivata. E si ritorna al Cnel.