Il Sifus Confali ha chiesto al Governo Draghi di introdurre per legge il costo minimo di 9,66 euro per ora di lavoro prima che si proceda con gli investimenti provenienti dai Ricovery. E la smettano i sindacati confederali e Confindustria di alzare barricate”.
Lo rende noto il Segretario Generale del sindacato nazionale SIFUS CONFALI, Maurizio Grosso, che vuole fare subito chiarezza e spiegare soprattutto il perché di questa iniziativa: “Un tempo, quando le organizzazioni sindacali confederali puntavano alla ‘contrattazione’ come strumento di lotta per rivendicare i diritti negati delle lavoratrici e dei lavoratori, avremmo sostenuto con determinazione che il ‘salario minimo orario’ spetta alle risultanze della stessa contrattazione, senza se e senza ma. Ma da quando i sindacati confederali hanno abbandonato lo strumento della contrattazione, preferendo quello della ‘concertazione’ (che di fatto ha consentito il ricorso delle aziende a salari da fame per milioni di lavoratrici e lavoratori) abbiamo cambiato motivatamente idea e riteniamo giusto che il Parlamento italiano proceda alla definizione, attraverso una legge, di un orario minimo del costo del lavoro pari a 9,66 ore lorde (come già accade in Germania), al di sotto del quale nessuna retribuzione deve scendere. D’altronde –aggiunge Maurizio Grosso- in Europa, su complessivi 27 Stati, sono ben 21 i Paesi in cui esiste il salario minimo orario: va dai 12,38 euro l’ora del Lussemburgo, dai 10,15 euro l’ora della Francia, dai 9,66 euro l’ora della Germania, dai 5,76 euro l’ora della Spagna fino all’1,86 euro l’ora della Bulgaria, ai 2,81 euro l’ora della Romania, ai 3,76 euro l’ora della Grecia, ecc. Pertanto –prosegue il Segretario Generale del sindacato nazionale SIFUS CONFALI- il Governo Draghi non può continuare a consentire paghe da fame e soprattutto che le famiglie ‘operaie in povertà assoluta’, come rivela il rapporto annuale dell’Istat, rappresentino il 13% del totale, a dimostrazione che la contrattazione sindacale confederale ha prodotto più danni che vantaggi. Tuttavia, nel percorso che deve portare al salario minimo legale, bisogna fermare non solo i sindacati confederali, rei di aver alzato le barricate, ma anche i signori di Confindustria che della compressione salariale ne hanno fatto un fattore competitivo del nostro capitalismo. E se la soglia oraria lorda sotto cui non si può scendere venisse fissata per legge, così come proponiamo al Governo Draghi, a 9,66 euro, ci sarebbe una platea di oltre 4 milioni di lavoratori che se ne sarebbe avvantaggiata (centralinisti, guardie giurate, autisti, addetti alle pulizie, addetti alla ristorazione, settori della logistica, braccianti agricoli, idraulico forestali, operai dei consorzi di bonifica, riders, commesse e tanti altri ancora). Per queste ragioni –conclude il Segretario Generale del sindacato nazionale Maurizio Grosso- il SIFUS CONFALI ha proposto al Governo Draghi la definizione, attraverso una legge, del costo minimo dell’orario di lavoro anche in prospettiva dell’enorme investimento di denaro pubblico che arriverà attraverso i Recorery dall’Europa”.
Roma, 16 ottobre 2021 MAURIZIO GROSSO – Segretario Generale SIFUS CONFALI