Nel corso della terza sessione della giornata inaugurale del “Global Health – Festival della Salute Globale”, arriva il monito del Prof. Massimo Galli, Past President SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali e Primario di Malattie Infettive all’Ospedale Sacco di Milano. L’infettivologo è intervenuto in serata, nel modulo “Origine, gestione ed evoluzione della pandemia in Italia e nel mondo“, moderato dal giornalista Daniel Della Seta, riflettendo sul vaccino annunciato da Pfizer, sui test abbinati Covid e Hcv in Lombardia e sulla necessità di vaccinarsi contro l’influenza. Un’occasione per fare il punto in 45minuti su questi 9 mesi di pandemia in Italia e sulle prospettive future, ancora piene di punti interrogativi e probabilmente caratterizzate da nuovi sacrifici.
“La prima ondata della pandemia è stata sostenuta, quasi per intero, da un ceppo arrivato probabilmente da Shangai in Germania intorno al 20 gennaio 2020 e poi in Italia, nella prima zona rossa, intorno al 25 di gennaio – ha spiegato il Prof. Galli – Vi sono state certamente anche introduzioni di altri ceppi, il cui ruolo, in base alla frequenza di isolamento delle diverse sequenze, sembra essere stato secondario. La gestione del post lockdown è stata evidentemente molto carente. Abbiamo riaperto senza che fossero poste in atto precauzioni sufficienti e senza avviare a soluzione problemi quali, ad esempio, la sicurezza dei trasporti pubblici e il potenziamento della diagnostica e delle strutture sanitarie dedicate. Sul piano assistenziale, l’attuale gestione deve affrontare gli stessi problemi di marzo. Chiudere adesso per “salvare il Natale” può non essere più sufficiente. I tradizionali cenoni allargati quest’anno non saranno comunque possibili. Alla luce dei numeri, se gli interventi non funzionassero arriveremmo a Natale nel pieno della seconda ondata. Se funzioneranno, dovremo adeguarci a una riapertura graduale e a molte cautele, per non ripetere quanto già successo a Ferragosto. Rispetto alla scorsa primavera, quando la gente era impaurita, ma solidale e disponibile a seguire le disposizioni, ora c’è molta stanchezza e anche molta rabbia. Posizioni irrazionali trovano molto più spazio. Il personale sanitario, che subisce l’urto della nuova ondata, è stanco, preoccupato, frustrato. I pazienti ricoverati ora ricordano, per gravità, ormai in tutto e per tutto quelli della prima ondata. Ad aumentare la confusione, si moltiplicano inoltre le segnalazioni di casi di reinfezione. Quelle accertate inoppugnabilmente mediante il confronto del virus di primavera con quello della seconda infezione sono in realtà pochissime. Comunque se, come pare, il fenomeno fosse più frequente, le seconde infezioni sembrano essere miti o asintomatiche.
La questione sulla durata dell’immunità è controversa, perché in molti gli anticorpi in circolo tendono a sparire presto, ma vi sono lavori che suggeriscono la permanenza di una robusta immunità cellulare. È possibile che nella seconda ondata il virus sia in parte cambiato. Stiamo cercando di capire quanto questo sia accaduto in Italia. La storia dei visoni in Danimarca merita una certa attenzione: questi animali in cattività sono stati infettati accidentalmente dai loro allevatori, ma avrebbero anche ritrasmesso il virus all’uomo, a differenza di tutti gli animali domestici in cui il fenomeno è stato studiato, che non rappresentano un pericolo. È possibile che il sistema immunitario dei visoni finisca per selezionare nuovi mutanti, problema ulteriore di cui certo non avremmo bisogno. Tutte le forzature che imponiamo alla natura hanno un prezzo”.
Sono tre i virus che oggi ci preoccupano particolarmente: il Sars-Cov-2, di cui sappiamo ancora poco, e altri due virus che invece conosciamo molto bene, HIV e HCV. Proprio il Covid-19 è diventato una straordinaria opportunità di ripensare questa campagna e di rilanciarla, perché mai come oggi è evidente come dobbiamo rilevare i contatti dove il virus si nasconde e tracciare la catena del contagio” sottolinea il Prof. Claudio Cricelli, Presidente SIMG.
“Abbiamo deciso alcuni mesi fa di organizzare una campagna per sensibilizzare i cittadini del nostro Paese nei confronti di una serie di malattie infettive di cui si sa poco – spiega il Prof. Cricelli, Presidente SIMG. – Vogliamo informare sui rischi che si corrono con determinate infezioni, coinvolgendo soprattutto le fasce più deboli della popolazione, e proporre le nostre strategie nei confronti dei virus. Sono tre i virus che oggi ci preoccupano particolarmente: il Sars-Cov-2, di cui sappiamo ancora poco, e altri due virus che invece conosciamo molto bene, HIV e HCV e per i quali abbiamo soluzioni senza precedenti. In tutti questi virus il problema è quello di trovare il “sommerso”, coloro che hanno contratto l’infezione ma non ne sono consapevoli. Proprio il Covid-19 è diventato una straordinaria opportunità di ripensare questa campagna e di rilanciarla, perché mai come oggi è evidente come dobbiamo rilevare i contatti dove il virus si nasconde e tracciare la catena del contagio; il Covid, a sua volta, può trarre beneficio dalle precedenti esperienze”.
Oggi grande attenzione è riservata al Sars-Cov-2, un virus nuovo di cui ancora sappiamo troppo poco e per il quale cure e vaccini sono oggetto di studio. Parallelamente, per i virus Hiv e Hcv esistono soluzioni importanti ed è fondamentale che vengano applicate per tempo.
“Gli screening e le diagnosi per HIV e HCV sono particolarmente urgenti e rilevanti, in quanto questi virus si manifestano quando l’infezione è molto avanzata – sottolinea il Prof. Cricelli – L’HCV porta alla cirrosi o all’epatocarcinoma (tumore del fegato); l’HIV ha la sua naturale conseguenza nell’AIDS. Per evitare questi sviluppi, serve una diagnosi precoce che permetta di intervenire tempestivamente. Nel caso dell’Epatite C, i moderni farmaci permettono di eradicare il virus in tempi rapidi, in maniera definitiva e senza effetti collaterali: una svolta epocale, come testimonia anche dal Premio Nobel per la Medicina del 2020 che è stato riconosciuto proprio agli scopritori di questa infezione, gli americani Harvey J. Alter e Charles M. Rice e lo scienziato britannico Michael Houghton. Nel caso dell’Hiv, non è ancora possibile un’eradicazione, ma si può controllare l’infezione, permettendo ai pazienti una qualità di vita molto simile al resto della popolazione, si può ridurre la viremia fino ad azzerarne il rischio contagio. Questi tre virus appartengono a tre fasi diverse: l’auspicio è che anche per il Sars-Cov-2 si possa seguire la strada dei precedenti e si possa presto sconfiggere anche il Covid-19”.
Arianna Manzi