Per il saluto romano va contestata la legge Scelba sull’apologia del fascismo e in particolare l’articolo 5. È questa la decisione delle sezioni unite della Cassazione che hanno disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016. Nelle informazioni provvisorie, la Suprema Corte afferma che “la ‘chiamata del presente’ o ‘saluto romano’ è un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall’articolo 5 delle Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. I giudici, inoltre, ritengono che “a determinate condizioni può configurarsi” anche la violazione della legge Mancino che vieta “manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. I due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge”.
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