Salvini all’attacco di Meloni, 4 ministri a rischio rimpasto

Matteo Salvini intende logorare la presidente del Consiglio per indebolire le percentuali di Fratelli d’Italia e far crescere i padani. E prova a farlo con un obiettivo preciso: chiedere, un giorno dopo le Europee, un “riequilibrio nell’esecutivo”. Un bis della Meloni, ma con due o tre ministeri in più affidati al Carroccio.  Date queste premesse, scrive Repubblica, non è difficile immaginare lo stato d’animo con cui ieri sono state accolte ai vertici del melonismo le parole di Riccardo Molinari su un possibile rimpasto. “Il rimpasto? Non la vedo come un’esigenza”, ha detto Molinari alla Verità, “ma neppure come una tragedia se succedesse”. È la seconda risposta ad allarmare i vertici dell’esecutivo, spargendo nuovo veleno tra partner di maggioranza. “Siamo molto soddisfatti, come Lega, dei nostri ministri. Non so se gli alleati lo siano dei loro”.  Apparentemente, indica problemi in casa d’altri. Di fatto, punta a indebolire la compagine meloniana e a far emergere – quasi per contrasto – i nomi dei ministri finiti nel mirino del Carroccio. La prima è ovviamente Daniela Santanchè, pesantemente indebolita dalle inchieste. Il Turismo, tra l’altro, è una casella che fa gola a Salvini. Un secondo membro dell’esecutivo che Salvini potrebbe chiedere di sacrificare è l’azzurro Gilberto Pichetto Fratin, che guida l’Ambiente e la sicurezza energetica. Il suo nome potrebbe diventare oggetto di scambio politico, soprattutto se – come spera via Bellerio – Forza Italia dovesse uscire ridimensionata dalle urne, a favore proprio della Lega. E poi c’è Adolfo Urso: il vicepremier potrebbe sfruttare la sua possibile candidatura con FdI all’Europarlamento per reclamare anche la sua poltrona. Meloni, però, non è disposta a concedere il dicastero del Made in Italy al leghista. Né è disponibile a sacrificare Piantedosi, con cui Salvini è in grande freddo. A Palazzo Chigi nessuno esclude anche la controindicazione più evidente, in questa strategia salviniana: il ministro delle Infrastrutture può alzare al massimo il tiro, ma non può permettersi di tirare troppo la corda. Piuttosto che assecondare un progressivo logoramento dell’esecutivo, infatti, Meloni potrebbe reagire ribaltando il tavolo e imponendo una nuova conta elettorale. È uno scenario ancora improbabile. Ma le difficoltà delle ultime settimane rendono possibili opzioni che fino all’estate non sembravano neanche ipotizzabili. La gestione del dossier migratorio ha rappresentato un punto di svolta, in questo senso. E poi la manovra economica, che si preannuncia povera e, dunque, poco elettorale. Tutti tasselli di una tempesta perfetta che potrebbe addensarsi su Palazzo Chigi. Che la premier potrebbe voler allontanare da sé. Di certo, la cerchia più stretta della premier è in allarme.  E mette in fila alcuni indizi a supportare gli incubi peggiori: le critiche rivolte all’esecutivo da Marina Berlusconi per la gestione del capitolò degli extraprofitti bancari, la silenziosa e inesorabile presa di distanza di una fetta del mondo confindustriale e dell’imprenditoria milanese. E ancora, interlocuzioni sempre più complesse con la grande finanza e l’euroburocrazia di Bruxelles, oltre allo scontro aperto con il commissario europeo Paolo Gentiloni, ricevuto soltanto pochi giorni fa al Colle. L’unico dato che tendono a omettere è però un altro: il consenso, l’artefice del destino di tutti i governi. E gli ultimi sondaggi dicono che sale la Lega e cala ancora FdI.

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