La prima evidente spaccatura nel governo gialloverde c’è stata ieri con le dichiarazioni di Salvini sui rom che ha scatenato le dichiarazioni di Di Maio e del premier.
Il grillino è stato chiaro: ‘Finché resteremo nel contratto non ci sarà nessuna tensione’. Conte in quel momento è a Berlino per il bilaterale con Angela Merkel e quando gli dicono dell’ennesima dichiarazione fuori dalle righe di Salvini va su tutte le furie: ‘Questo è veramente troppo, supera ogni limite’. E prima di tornare in Italia lo chiama per chiedergli di rettificare.
In realtà Salvini preoccupa perchè appare come il vero capo del governo, mentre Di Maio e Conte spariscono, oscurati dalla sua ombra.
E con la propaganda sui migranti Salvini è già riuscito a rosicchiare un po’ di voti ai grillini. Per questo il problema dei Cinque Stelle non è solo quello di ricompattare governo e gruppi parlamentari, ma anche recuperare la fiducia degli elettori che ora sembrano preferire gli slogan del leader del Carroccio.
‘Non è nostra intenzione schedare o prendere le impronte digitali a nessuno’, ha precisato Salvini: ‘Il nostro obiettivo è una ricognizione della situazione dei campi rom. Intendiamo tutelare prima di tutto migliaia di bambini ai quali non è permesso frequentare la scuola regolarmente perchè si preferisce introdurli alla delinquenza. Vogliamo anche controllare come vengono spesi i milioni di euro che arrivano dai fondi europei’.
La paura dei grillini è che la Lega stia cercando di rubare la scena e attirare il maggior numero di consensi per tornare presto al voto. Sarebbe anche questo il motivo per cui sul tavolo del vertice con la Cancelliera Conte ha piazzato prima il tema del reddito di cittadinanza, vero cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle. Già venerdì – racconta ancora la Stampa – Di Maio aveva riunito i componenti grillini del governo per fare il punto. ‘Parliamo troppo di immigrati e poco di lavoro e delle nostre battaglie’, sarebbe stato lo sfogo condiviso con Conte.
I rom e sinti presenti in Italia sono tra i 120 mila e i 180 mila, tra i quali circa 26mila in emergenza abitativa: vivono cioè in baraccopoli formali e informali o nei centri di raccolta monoetnici. Si tratta dello 0,04% della popolazione italiana.
Secondo i dati snocciolati dall’associazione, che ogni anno fa il punto sullo stato dei diritti delle popolazioni rom e sinte in condizioni di emergenza abitativa e residenti all’interno di baraccopoli formali e informali italiane, anche nel 2017 l’Italia ha continuato a essere il ‘Paese dei campi’, perseverando nell’utilizzo di politiche discriminatorie e segreganti nei confronti delle popolazioni rom e sinte presenti sul territorio nazionale oltre che nelle persistenti operazioni di sgombero forzato.
I dati raccolti dall’associazione parlano chiaro: rispetto al 2016 (quando le presenze erano 28 mila unità) si è registrata una leggera flessione dettata non da una graduale risoluzione della questione ma piuttosto dalle drammatiche condizioni di vita all’interno di questi insediamenti che hanno spinto alcuni degli abitanti – prevalentemente comunitari – a spostarsi in altri Paesi o a tornare nelle città di origine.
In Italia le baraccopoli ‘formali’ sono 148, distribuite in 87 comuni di 16 regioni da Nord a Sud, per un totale di circa 16.400 abitanti, mentre 9.600 è il numero di presenze stimato all’interno di insediamenti informali. A fine 2017 in Italia risultavano ancora attivi due centri di accoglienza monoetnici riservati alle comunità rom per un totale di 130 residenti, uno a Napoli e uno a Guastalla, in provincia di Reggio Emilia. Dei rom e sinti residenti nelle baraccopoli formali si stima che il 43% abbia la cittadinanza italiana; mentre sono 9.600 i rom originari dell’ex Jugoslavia di cui circa il 30% – pari a 3.000 unità – è a rischio apolidia. Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti, infine, vivono nell’86% dei casi cittadini di origine rumena.
Secondo le stime di Associazione 21 luglio a vivere sulla propria pelle le tragiche conseguenze della segregazione abitativa sono molti minori, il 55% , con gravi ripercussioni sulla salute psico-fisica e sul loro percorso educativo e scolastico. A incidere sui livelli di scolarizzazione contribuiscono sia le condizioni abitative sia la forte catena di vulnerabilità perpetrata dalle operazioni di sgombero forzato attuate in assenza delle garanzie procedurali previste dai diversi Comitati delle Nazioni Unite”. Associazione 21 luglio ha registrato in tutto il 2017 un totale di 230 operazioni: 96 nel Nord Italia, 91 al Centro (di cui 33 nella città di Roma) e 43 nel Sud.
Roma detiene il primato del maggior numero di insediamenti presenti, 17 in totale di cui 6 formali e 11 cosiddetti ‘tollerati’. Nella Capitale, denuncia l’associazione, “nonostante le aspettative create a fine 2016 con la Memoria di Giunta e il ‘Progetto di Inclusione Rom’ presentato il 31 maggio dalla sindaca Raggi che aveva come obiettivo il graduale superamento dei ‘campi’ presenti all’interno della città, nel 2017 non è stato di fatto avviato alcun processo di inclusione.