Sanità: Censis, negata per circa 10 mln italiani

Più di 9 milioni di italiani non hanno potuto accedere a nessuna prestazione sanitaria di cui avevano bisogno per ragioni economiche. 2,4 milioni sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli, 4 milioni risiedono nell’Italia merdionale. La sanità pubblica è peggiorata in tante regioni italiane per la riduzione dei fondi e inizia a prendere il largo la sanità integrativa. Sempre più cittadini si rivolgono alla sanità privata: più efficiente e più veloce. E’ quanto emerge dalla ricerca di Rbm Salute-Censis ‘Il ruolo della sanità integrativa nel Servizio sanitario nazionale’, promossa in collaborazione con Munich Re, presentata oggi a Roma al ‘Welfare Day’.
I piani di rientro delle regioni indebitate e la spending review hanno portato al crollo del ritmo di crescita della spesa pubblica per la sanità. Si è passati da un tasso di incremento medio annuo del 6% nel periodo 2000-2007 al +2,3% del periodo 2008-2010. I dati peggiori si trovano nelle regioni, soprattutto meridionali: si è passati dal +6,2% all’anno nel periodo 2000-2007 a meno dell’1% di crescita media annua nel periodo 2008-2010. Va meglio la spesa sanitaria privata che è aumentata più che nel periodo pre-crisi: +2,2% medio annuo nel periodo 2000-2007 e +2,3% negli anni 2008-2010. Nel periodo 2000-2010 l’incremento complessivo è stato del 25,5%. A premiare il privato rispetto al pubblico sono anche le liste di attesa per un semplice test di routine: il 77% degli italiani che ricorrono al privato lo fa proprio a causa della lunghezza delle liste d’attesa. Per la sanità pubblica è una vera catastrofe. I dati parlano di un netto peggioramento della sanità nella propria regione: dal 21,7% del 2009 si arriva al 31,7% del 2012, un balzo di 10 punti percentuali in più in soli tre anni. La colpa sarebbe data alla riduzione delle risorse pubbliche investite in questo comporto. Nel 2015 è prevista una discrepanza di circa 17 miliardi di euro tra le esigenze di finanziamento della sanità e le risorse disponibili nelle regioni.

I tagli alla sanità pubblica abbassano la qualità delle prestazioni e generano iniquità, ma bisogna evitare e contenere lo sperpero di risorse pubbliche. Non si può pagare al sud una garza 5 volte in più rispetto, ad esempio, alla Lombardia. La colpa è di chi gestisce le aziende sanitarie con soldi pubblici. Una soluzione potrebbe essere trovata in nuove risorse aggiuntive per impedire che meno spesa pubblica significhi più spesa privata e meno sanità per chi non può pagare. E la sanità integrativa potrebbe rappresentare una prima risposta a queste esigenze.

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