Importante passo in avanti nella lotta al cancro. Il gruppo dell’Istituto Walter ed Eliza Hall, dell’Università australiana di Melbourne coordinato da Andreas Strasser e del quale fanno parte Marco Herold e Ana Janic ha scoperto l’arma segreta del gene P53. Gli scienziati partendo dalla considerazione che metà delle forme tumorali nel mondo è legata a un malfunzionamento di questo gene hanno scoperto che il suo asso nella manica è un’alleanza con sequenze di informazione genetica specializzate nel riparare il Dna.
Al momento è stato individuato il primo di questi alleati, come riporta lo studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine , chiamato MLH1, che ha permesso di bloccare l’avanzata di alcune forme di linfomi e leucemie. Questi risultati potrebbero avere effetti benefici anche su altre forme di tumore come pancreas e colon. Conoscere i geni alleati del ‘nemico’ dei tumori potrà inoltre aiutare nella diagnosi, identificando gli individui che sono a rischio di sviluppare certe forme di tumore, e sarà anche utile per mettere a punto terapie più efficienti.
Il gene P53 è stato scoperto nel 1979 e da allora è sotto la lente di ingrandimento di tutti i ricercatori di tutto il mondo, ma solo ora gli scienziati hanno scoperto che quando il gene MLH1 manca il P53 non funziona più correttamente: le difese si abbassano e il linfoma ha via libera. Se invece viene riattivato, il tumore si spegne. Una scoperta “entusiasmante e senza precedenti”, ha detto Janic. Significa infatti che le persone con un tumore nelle quali il gene MLH1 è attivo possono ricevere una diagnosi più precocemente e terapie più mirate sulle caratteristiche della loro malattia.
“Per esempio – ha proseguito Janic – se un linfoma ha una mutazione che disabilita la capacità del Dna di ripararsi, sarà opportuno evitare terapie che danneggino ulteriormente il Dna, come la chemioterapia, perché queste renderebbero il tumore più aggressivo”. Il prossimo step della ricerca è individuare altri geni alleati del P53 e al momento i possibili candidati sono più di 300. L’obiettivo è avere a disposizione una sorta di mappa di tutti i geni alleati del P53 e che lo aiutano nel contrastare la comparsa dei tumori.