Santanchè: ‘Inchiesta su Open to Meraviglia e Agenzia delle Entrate che accoglie la proposta di Visibilia’

La Venere influencer che doveva pubblicizzare le vacanze in Italia è sparita da Twitter, introvabile su Facebook e TikTok, non pubblica un post su Instagram dallo scorso 27 giugno: sono passati due mesi. E così Open to Meraviglia, il progetto di marketing della ministra del Turismo Daniela Santanchè, è diventato un fantasma proprio nel momento in cui doveva fare da volano al comparto. Questa volta però la Corte dei Conti vuole vederci chiaro: la procura ha deciso di aprire un fascicolo, rivela Repubblica, per capire come mai la Venere pagata con i soldi pubblici sia improvvisamente scomparsa. Il procuratore regionale per il Lazio Pio Silvestri ha infatti avviato un’istruttoria e presto verranno chieste spiegazioni direttamente al ministero del Turismo, con sullo sfondo l’ipotesi del danno erariale. Oltre alle inchieste su Visibilia che la riguardano come imprenditrice, ora Santanché dovrà quindi rispondere anche alle domande dei magistrati contabili, questa volta per le sue azioni da ministra.

La sua campagna Open to meraviglia, d’altronde, si era rivelata un flop fin dall’inizio: il dominio non registrato, le immagini della Venere del Botticelli prese dai cataloghi gratuiti in Rete, alcuni frame del video di accompagnamento (di una cantina slovena) acquistati da una piattaforma stock. E ancora: le foto a bassa risoluzione da whatsapp messe online senza essere rinominate, le traduzioni  dall’italiano al tedesco, con il risultato comico di Camerino che diventa Garderobe e Prato che si trasforma in Rasen. Nel frattempo però, con il nickname “Venere Italia 23″, erano quanto meno cominciati i post che ritraevano alcune tra le più belle località della Penisola, da Polignano a Pompei. L’ultimo post il 27 giugno con la Venere di Santanché in posa a Taormina. Poi più nulla. Nel frattempo però la campagna Open to Meraviglia è rispuntata fuori meno di una settimana fa, quando il profilo Instagram dalla Federazione italiana pallavolo ha postato un video delle giocatrici della Nazionale femminile – in questo momento impegnata agli Europei – posare con la maglietta raffigurante appunto la Venere scelta dal ministero del Turismo. Perché il video non è stato nemmeno condiviso sull’account della campagna? Un’altra stranezza.

Secondo la spiegazione fornita da Santanché a Repubblica, la sparizione della Venere sarebbe una “scelta ponderata“, per “far atterrare le campagna sul portale italia.it” (quello delle traduzioni tragiche comiche e delle immagini a bassa risoluzione scaricata da whatsapp). Intanto indaga la Corte dei Conti. Solo il lancio della Venere in Jeans è costato allo Stato una spesa di 138mila euro, giusto giusto 2mila sotto la soglia che fa scattare l’obbligo europeo della gara pubblica. Come ha raccontato ilfattoquotidiano.it, fu una delibera di Palazzo Chigi, precisamente del Dipartimento per l’Editoria, a disporre l’affidamento diretto dello spot all’agenzia di comunicazione Armando Testa.

La delibera citava una lettera del 30 marzo con cui la Santanchè in persona perorava la causa e con una certa urgenza: “Il video promozionale oggetto della prestazione contrattuale dovrà essere mostrato in occasione dell’evento di presentazione della campagna organizzata dal ministero del Turismo per il 20 aprile 2023”. Manca meno di un mese, servono i soldi, subito. La sostanza, insomma, è che il video era già stato commissionato, toccava però pagarlo e appiattire l’ultimo di una di serie scogli sotto il peso di Chigi. Il costo dell’intera campagna Open to meraviglia invece è di circa 9 milioni di euro.

Ricordate Open to Meraviglia, la campagna di comunicazione pensata dal ministero del Turismo per rilanciare il turismo in Italia? Un progetto che, sin dal suo lancio tra aprile e maggio, aveva fatto ampiamente discutere per alcune scelte rivedibili, errori grossolani e utilizzo di risorse ingenti per un lavoro che in tanti avevano criticato. Una campagna che ancor oggi fa discutere, non tanto per i risultati che doveva portare, ma per la grande assente che è costata migliaia e migliaia di euro: la Venere influencer.

Se influencer dev’essere, quel che è certo è che la presenza social ci deve essere. Ed essere assente da oltre due mesi non è un punto a favore di chi dovrebbe esaltare e pubblicizzare la bellezza dell’Italia in una campagna di comunicazione costata milioni al Governo. Ecco allora che l’assenza di quella che doveva essere la testimonial per eccellenza della campagna fa rumore, con la Venere finita nel mirino della magistratura, così come lo stesso ministro Santanchè.

Già ampiamente criticata, la Venere influencer fa ancora parlare e discutere. E i magistrati vogliono vederci chiaro, non tanto per l’esposto del Codacons di maggio né per le denunce sul possibile danno erariale che aveva avanzato +Europa, ma perché le informazioni che la Corte ha raccolto sugli organi di stampa fanno tanto rumore.

Le accuse, però, potrebbero essere proprio quelle mosse da +Europa, anche se soltanto il lavoro dei magistrati permetterà di avere un quadro un po’ più chiaro sugli eventi. Intanto il ministro Santanchè corre ai ripari cercando di difendere la campagna, difendersi in prima persona e, soprattutto, cercare di chiarire cosa sia successo.

Secondo quanto riferito da La Repubblica, contattata negli scorsi giorni, il ministro avrebbe infatti riferito che la sospensione delle attività dell’influencer digitale non sarebbe frutto di un intoppo o di problemi di contratto con l’agenzia di comunicazione incaricata, quella Armando Testa finita nella bufera con tutta la campagna, ma al contrario sarebbe “una scelta ponderata” per “far atterrare le campagne sul portale italia.it”.

Nel frattempo l’Agenzia delle Entrate ha accolto la proposta avanzata da Visibilia Srl in liquidazione, una delle società del gruppo fondato dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè, di saldare il debito fiscale di circa 1,2 milioni di euro con una rateizzazione in 10 anni, ma con una serie di condizioni e richieste di garanzie avanzate dalla stessa Agenzia. La mossa, che finirà nel fascicolo del giudice civile, contribuisce ad allontanare lo spettro della bancarotta ipotizzata dai pm di Milano che indagano anche per falso in bilancio nei confronti dell’ex galassia editoriale fondata dalla ministra.

La proposta all’Agenzia delle Entrate e ai principali creditori (per un totale di 1,5 milioni di debito), presentata il 29 maggio scorso, prevede un impegno sostanzioso da parte della ministra attraverso la società immobiliare Dani, oltre che dai risultati dello stabilimento balneare Twiga, ora nelle mani del compagno Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena. Nella domanda di omologa di accordi di ristrutturazione di debiti, firmata dai legali Salvatore Sanzo, Diana Burroni e Daniele Nataloni, su cui dovrà pronunciarsi il tribunale di Milano, si fa presente come la senatrice di Fratelli d’Italia percepisca un’indennità di 95mila euro netti l’anno “ulteriore risorsa a disposizione del socio di maggioranza in funzione del sostegno finanziario da prestare in favore della società per il pagamento dei debiti e, dunque, del buon esito degli accordi”.

Nel frattempo sono in corso accertamenti sulla grande quantità di azioni di Visibilia comprate, tra giugno e luglio scorso, da Sif Italia, colosso dell’amministrazione di condomini che era guidato da Luca Giuseppe Reale Ruffino, il manager 60enne che si è suicidato a inizio agosto dopo essere diventato lo scorso ottobre presidente e maggiore azionista, proprio con Sif, di Visibilia.

La ministra dal 5 ottobre 2022 è appunto indagata per bancarotta e falso in bilancio sulla base dell’inchiesta avviata dai pm milanesi Roberto Fontana e Maria Gravina. Con lei, sono iscritti tra gli indagati il suo compagno Kunz, gli amministratori Fiorella Garnero (sua sorella), Massimo Cipriani e Davide Mantegazza e l’ex sindaco Massimo Gabelli. C’è poi un terzo filone d’indagine sull’ipotesi di reato di truffa aggravata ai danni dello Stato in relazione ai dipendenti di Visibilia messi in cassa integrazione a zero ore ai tempi dell’emergenza Covid e pagati dallo Stato mentre in realtà lavoravano normalmente.

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