Se esiste “libertà di insulto” allora può toccare anche a Roberto Saviano. La prima pagina di Libero di ieri, mercoledì 16 novembre, parte proprio dal principio rivendicato dallo scrittore di Gomorra nel processo per diffamazione ai danni di Giorgia Meloni. “Saviano bastardo” titola in prima pagina il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti che in un editoriale ribalta i giochetti retorici della sinistra.
Il quotidiano Libero sceglie di “accontentare” lo scrittore Roberto Saviano: visto che lui rivendica – spiega il direttore Alessandro Sallusti nel suo editoriale – la libertà di rafforzare il proprio pensiero dissidente ricorrendo all’insulto, allora noi stiamo al suo gioco e lo definiamo anche noi come lui definì la leader di FdI, cioè “bastardo”.
Una scelta forte, che si inserisce nel vivace dibattito innescato dalla prima udienza del processo per diffamazione allo scrittore. Che sceglie la linea del vittimismo e si candida a rappresentare l’ “eroico dissidente” che il governo vorrebbe mettere a tacere. Pienamente spalleggiato nella sua ardimentosa linea di difesa da Stampa e Repubblica.
E proprio sul primo quotidiano Saviano si difende ancora una volta invocando il diritto di parola, parola anche dura, paragonandosi addirittura ad Omero. E ciò la dice lunga sull’alta opinione che ha di sé.
“Io sono uno scrittore: il mio strumento è la parola. Cerco, con la parola, di persuadere, di convincere, di attivare. In fondo l’ha insegnato Omero stesso: il santuario della persuasione è nella parola, e il suo altare è nella natura degli uomini. La parola è ciò per cui io sono qui. L’accusa è quella di aver ecceduto il contenimento, il perimetro lecito, la linea sottilissima che demarca l’invettiva possibile da quella che qui viene chiamata diffamazione”.
Per poi continuare spiegando che lui, sentendosi il più umano e umanitario di tutti, non poteva che lanciare quell’invettiva: “Bastardi, come avete potuto?”. Una piena rivendicazione, ancora una volta, di quanto affermato due anni fa nel corso della trasmissione Piazzapulita.
“Il sommo maestro Roberto Saviano ha rivendicato con forza una libertà e stabilito un principio: uno scrittore può insultare perché il suo linguaggio, anche se offensivo e ingiurioso, rientra in quella che una volta si chiamava ‘licenza poetica’, la possibilità cioè di sbagliare volutamente per dare più forza al pensiero”, ricorda Sallusti. Il caso è noto. Saviano ha dato della “bastarda” a Giorgia Meloni in diretta tv ospite di Formigli a PiazzaPulita ed è finito a processo per ingiuria e diffamazione. “Per nulla pentito e ben lungi dallo scusarsi per l’offesa recata a una donna, il Sommo ha spiegato che lui non sottostà alle regole, fossero solo quelle della buona educazione” si legge nell’articolo di Sallusti. Saviano rivendica il diritto di difendere la “libertà di parola” anche offendendo altrimenti quella di Meloni è una “democratura”, una democrazia solo di facciata.
“Per una volta faccio mio il Verbo del Sommo, e lo faccio avendo le carte in regola perché anche io sono uno scrittore”, scrive Sallusti, anzi un “super scrittore” visto che negli ultimi anni ha venduto più copie di Saviano. “Seguendo il suo consiglio di non mettere limiti al mio pensiero perché noi scrittori (ma quali scrittori, intellettuali si addice meglio) godiamo dell’immunità penale e civile dico con chiarezza ciò che penso: Roberto Saviano, sei un bastardo”. E rincara la dose allungando la lista degli insulti. “E adesso che fai?” scrive il direttore. “Smentisci la tua tesi in base alla quale io scrittore posso insultarti pubblicamente e tu devi tacere? Ti arruoli nella ‘democratura’ e corri in tribunale a querelarmi?” Scacco matto.