Scandalo Marrazzo, il giornalista in Aula: “Mi tesero un agguato”

Uno scandalo che ha distrutto la sua vita professionale e sentimentale, e che ne ha leso la dignità.  A quattro anni di distanza da quel ricatto che ha portato sotto i riflettori mediatici quella vita privata che tanto ha destato scalpore, Piero Marrazzo parla per la prima volta in tribunale di quel ricatto e di come da allora, la sua vita è stata stravolta. “I quattro anni trascorsi sono stati molto difficili, è stata colpita la mia famiglia e la mia dignità personale e professionale”, ha dichiarato l’ex governatore del Lazio, sentito come testimone nel processo a 4 carabinieri infedeli accusati di aver organizzato un ricatto ai suoi danni.

Marrazzo, parlando come testimone al processo, ha spiegato che questa vicenda lo ha portato “a separarsi dalla moglie”. “Mi sono dimesso dall’incarico di governatore del Lazio – ha spiegato – era giusto fare così e sono tornato a non fare il mio lavoro”.

Per il giornalista Rai questo fatto gli ha “provocato dolore anche per colpa di una campagna mediatica micidiale, molto aggressiva e diffamatoria, che ha fornito spesso alla pubblica opinione notizie non vere”.

Marrazzo ha ammesso di avere avuto “negli anni passati sporadici incontri con transessuali, se ne contano sulle dita di una mano, qualche volta si è consumata della cocaina che non portavo certo io. Non ho mai usato l’auto di servizio per questo tipo di incontri né ho mai portato trans negli uffici della Regione”.

“Quel 3 luglio del 2009, nell’appartamento di Natalì in via Gradoli, ho avuto molta paura. Mi sono reso conto di aver compiuto il più grande errore della mia vita” racconta. Marrazzo, rispondendo al pm Rodolfo Sabelli ed Edoardo De Santis davanti ai giudici della IX sezione penale, ricorda che “fu sottoposto da quei due carabinieri in borghese entrati nell’appartamento ad una violenza psicologica molto forte, mi trovai in stato di restrizione, mi sentivo sotto sequestrato. Volevo uscire a tutti costi da quella casa ma non mi fu consentito neppure di rivestirmi. Non mi resi conto che stavano girando un video con il cellulare”.

“Appresi del video – racconta Marrazzo – quando dopo alcuni giorni mi chiamò l’allora premier Silvio Berlusconi per dirmi che un direttore del gruppo Mondadori, credo si tratti di Alfonso Signorini, aveva visto un video che mi riguardava e che era inutilizzabile perché non si capiva bene.  Berlusconi – prosegue Marrazzo – mi disse che ce lo aveva un’agenzia di Milano e mi diede un numero al quale telefonai successivamente. Mi rispose una donna, mi confermò di averlo. Le risposi che mi sarei attivato per mandare qualcuno di mia fiducia a vederlo. Poi, dopo forse un giorno, mi richiamò Berlusconi affermando che il video era stato sequestrato dai Ros e che tutto era andato bene. Mi volle tranquillizzare”.

L’ex governatore ha aggiunto che “quando fui sentito in procura, ebbi modo di vedere quel video, era girato in modo farraginoso e forse sottoposto a un montaggio. Oggi questa storia mi appare tutta più logica: quei carabinieri mi impedirono di lasciare la casa di Natali perché stavano girando un video”.

andalo che ha distrutto la sua vita professionale e sentimentale, e che ne ha leso la dignità.  A quattro anni di distanza da quel ricatto che ha portato sotto i riflettori mediatici quella vita privata che tanto ha destato scalpore, Piero Marrazzo parla per la prima volta in tribunale di quel ricatto e di come da allora, la sua vita è stata stravolta. “I quattro anni trascorsi sono stati molto difficili, è stata colpita la mia famiglia e la mia dignità personale e professionale”, ha dichiarato l’ex governatore del Lazio, sentito come testimone nel processo a 4 carabinieri infedeli accusati di aver organizzato un ricatto ai suoi danni.

Marrazzo, parlando come testimone al processo, ha spiegato che questa vicenda lo ha portato “a separarsi dalla moglie”. “Mi sono dimesso dall’incarico di governatore del Lazio – ha spiegato – era giusto fare così e sono tornato a non fare il mio lavoro”.

Per il giornalista Rai questo fatto gli ha “provocato dolore anche per colpa di una campagna mediatica micidiale, molto aggressiva e diffamatoria, che ha fornito spesso alla pubblica opinione notizie non vere”.

Marrazzo ha ammesso di avere avuto “negli anni passati sporadici incontri con transessuali, se ne contano sulle dita di una mano, qualche volta si è consumata della cocaina che non portavo certo io. Non ho mai usato l’auto di servizio per questo tipo di incontri né ho mai portato trans negli uffici della Regione”.

“Quel 3 luglio del 2009, nell’appartamento di Natalì in via Gradoli, ho avuto molta paura. Mi sono reso conto di aver compiuto il più grande errore della mia vita” racconta. Marrazzo, rispondendo al pm Rodolfo Sabelli ed Edoardo De Santis davanti ai giudici della IX sezione penale, ricorda che “fu sottoposto da quei due carabinieri in borghese entrati nell’appartamento ad una violenza psicologica molto forte, mi trovai in stato di restrizione, mi sentivo sotto sequestrato. Volevo uscire a tutti costi da quella casa ma non mi fu consentito neppure di rivestirmi. Non mi resi conto che stavano girando un video con il cellulare”.

“Appresi del video – racconta Marrazzo – quando dopo alcuni giorni mi chiamò l’allora premier Silvio Berlusconi per dirmi che un direttore del gruppo Mondadori, credo si tratti di Alfonso Signorini, aveva visto un video che mi riguardava e che era inutilizzabile perché non si capiva bene.  Berlusconi – prosegue Marrazzo – mi disse che ce lo aveva un’agenzia di Milano e mi diede un numero al quale telefonai successivamente. Mi rispose una donna, mi confermò di averlo. Le risposi che mi sarei attivato per mandare qualcuno di mia fiducia a vederlo. Poi, dopo forse un giorno, mi richiamò Berlusconi affermando che il video era stato sequestrato dai Ros e che tutto era andato bene. Mi volle tranquillizzare”.

L’ex governatore ha aggiunto che “quando fui sentito in procura, ebbi modo di vedere quel video, era girato in modo farraginoso e forse sottoposto a un montaggio. Oggi questa storia mi appare tutta più logica: quei carabinieri mi impedirono di lasciare la casa di Natali perché stavano girando un video”.

“Un giorno Natali mi disse che c’era qualcuno che voleva tendermi un agguato per colpirmi. Al momento non diedi importanza a quelle parole ma con il senno di poi e dopo quanto accaduto in via Gradoli, capii”.  E’ quanto ha affermato l’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo nel corso della sua testimonianza in Aula. Nel corso della sua deposizione durata oltre quattro ore, l’ex presidente della Regione Lazio ha ricostruito cosa avvenne la mattina del 3 luglio 2009 nell’appartamento di Natali. “I due carabinieri – spiega – che entrarono in casa mi chiesero prima una cifra spropositata, enorme, circa 80mila euro in contanti per chiudere la vicenda, io dissi che non ne avevo e utilizzai un blocchetto degli assegni per staccarne tre per complessivi 15-20mila euro. Anche Natali mi aveva invitato a pagare, così sarei stato libero. I due carabinieri mi presero anche tutti gli effetti personali e quando mi restituirono il portafoglio mi accorsi che mancavano almeno due mila euro. 800-1000 li avevo consegnati a Natali per la prestazione”. Marrazzo ricorda che in quei momenti “ebbe paura”, i carabinieri “avevano il cellulare e mi dissero che erano in attesa di disposizioni da parte del comando. Quando andarono via, con la coda dell’occhio notai un piatto con della polvere bianca. Uscii dall’appartamento chiaramente confuso e alcune ore dopo contattai Natali dicendole di venire a casa mia”. Il vicedirettore Rai “voleva essere rassicurato sul fatto che quei due fossero effettivamente carabinieri”.

C.I.

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