Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Roberto Stagliano la sua recensione su ‘Scende giù per Toledo’ in scena al Piccolo Eliseo di Roma fino al 29 aprile.
Non verrà utilizzato il termine femminiello, né travestito, non in questa occasione. Rosalinda Sprint, assoluta protagonista di ‘Scende giù per Toledo’, non è un corpo sbagliato, né uno spirito che è stato messo nel cassetto sbagliato insieme ai suoi sogni e alle sue speranze. Chi è veramente in transito sono tutti quelli che passano e attraversano la sua storia, nel suo rifugio. Lei come una superficie concava, il nascondiglio in cui molti si riparano e dove manifesteranno successivamente tutte le loro perverse profanazioni. Napoli fa da sfondo a tutto questo, estendendosi tra la via Caracciolo e la Partenope, le grandi arterie della prostituzione e i suoi vicoli pieni di vita, di faccende e di umanità.
Rosalinda è la figura di spicco del romanzo di Giuseppe Patroni Griffi, scritto nel 1975, inizialmente non concepito per il teatro, ma così compatibile e affine, come successivamente si è visto. Lei è il mare che quando lo vedi fa sempre effetto, dolce e funesto. Quel mare fatto di acqua lo prese in prestito Natalia Ginzburg nella prefazione al libro: ‘A me sembra che l’autore, scrivendo ‘Scende giù per Toledo’, abbia compiuto (anche) un atto di estremo coraggio. Non tanto perché ha affrontato dei temi che usiamo chiamare osceni (la parola è però sbagliata perché in realtà osceno non è mai un argomento ma oscena è unicamente un’attitudine dello spirito) ma perché si è servito di uno stile e di mezzi che noi oggi non adoperiamo o adoperiamo ben raramente. Si è servito dell’amorosità e dello stile d’acqua’.
Nella messa in scena di questo racconto, Arturo Cirillo continua il suo percorso di rievocazione e rivisitazione di autori della letteratura napoletana come Antonio Petito o Edoardo Scarpetta, creando un canale, una rete tra Annibale Ruccello ed Enzo Moscato. Lui che è diventato un erede di quella tradizione drammaturgica che trasforma il testo in un vettore immaginifico.
Cirillo ha privilegiato alcuni dialoghi e la descrizione di alcuni rapporti, tagliando altre parti del testo di Patroni Griffi per l’allestimento teatrale di Scende giù per Toledo. Snellita la storia, rimangono i passaggi chiave che meglio caratterizzano e mostrano l’anima di Rosalinda: il rapporto con i genitori, il padre violento, la madre amorevole ma fragile e opaca. I suoi innamoramenti, le sue storie con Gaetano prima e Gennaro dopo. La fuga verso la scogliera di Dover, dove si blocca la narrazione del testo teatrale consegnandoci la soave delicatezza del personaggio.
Lo spettacolo inizia con una sequenza narrativa registrata che rispecchia lo stile del libro dove vengono alternate parole crude, feroci, ma anche tenere e piene di sensibilità. Scende giù per Toledo Rosalinda Sprint col suo corpetto azzurro pieno di paillettes e la minigonna inguinale. Scende giù di corsa, il suo corpo è sottile e longilineo con grandi tacchi a spillo. Corre perché in ritardo, ha perso tempo a schiarirsi capelli con la camomilla Schulz, di cui racconta le differenti fasi e le sue meraviglie. Ha appuntamento col sarto dal quale deve provare un cappotto col collo alla Maria Stuarda, un collo grande e reso rigido da stecche di balena.
Lei è una creatura sprint che fluttua tra la disperazione e la dignità tipica delle persone disincantate. Lei è donna, lo è diventata dopo che suo padre voleva ucciderla perché ‘ricchione’, lei è lo stato di grazia che si può trovare anche nei bassifondi o nelle alcove. C’è una casa in scena, è la stanza di via Montecalvario dove si trovano un letto ovale con tanti cuscini, una lampada che si accende schiacciando con il piede, una palma che si illumina, un separé, una toilette con lo specchio.
Quella stanza simboleggia la casa interiore, ma anche la strada e il mondo esterno. I luoghi riprodotti o immaginati sono resi omogenei e questo è un elemento di forza dello spettacolo. Tutt’intorno alla stanza di Rosalinda ruotano i vari personaggi: Marlene Dietrich, la Baronessa, Maria Callas.
Cirillo è il regista di se stesso in questo spettacolo interpreta tutti i personaggi dando un volto e una forma umana, in un racconto che passa dalla prima e alla terza persona, spesso in un vero e proprio flusso di coscienza. I dialoghi diventano un insieme di voci che si mescolano accavallandosi. Per caratterizzare i personaggi femminili del racconto, Cirillo utilizza un oggetto accessorio che indosserà e toglierà di volta in volta. Una vestaglia di seta animalier per Marlene Dietrich, una collana di perle pezzenti per la Baronessa ‘spiaggiata’ e morta sul molo fra i liquami del suo corpo, mentre una nave americana cola a picco nel mare di Napoli con tanti bei marinai a bordo. I personaggi maschili del racconto, come il sarto, Gaetano, Giuseppe, non sono identificati attraverso alcun oggetto, ma sono uomini aggressivi e inconsistenti: Gaetano, il brutto che piace, bianco, liscio, sembra serio, scappa via durante la notte ma anche quando lo incontrerà successivamente sarà solo il desiderio di prevaricazione che lo condurrà da lei. Gennaro, il cugino cresciuto e diventato un uomo bello, dalle labbra scure e lunghe, le gambe un po’ storte per far posto al cuscino regale, il suo organo che le fa battere il cuore, alla fine si rivelerà senza cuore, capace di riversare solo violenza sul corpo di Rosalinda.
L’interpretazione di Cirillo è forte, maiuscola, fisica. La sua gestualità è lirica, la sua espressività e mimica facciale regalano momenti di poesia. Abbraccia la scena e il palcoscenico, abbraccia la platea e il suo pubblico, durante lo spettacolo e alla fine, ricevendo interminabili applausi scroscianti, percorrendo di corsa e per ben due volte la sala, in una stretta collettiva. Le sue braccia e le sue gambe accompagnano le parole che raccontano i ricordi e i luoghi, le persone, i sogni e la realtà. Abbraccia la gioia e il dolore di Rosalinda, di cui quello più grande non sarà quello fisico ma confessare e accettare che nulla è mai come te lo immagini. Come darti torto, Rosalinda Sprint? Come negare che le storie, la sorte o il caso prendono nuove direzioni solo quando si è toccato il fondo e conosciuto l’inferno? Quando tutto è andato perso, si può anche fuggire. Quei luoghi sono lontani da Napoli, come le scogliere di Dover che potrebbero non essere così bianche come le avevamo immaginate e sognate. Dopo un crollo psicologico Jung chiedeva sempre: ‘Perché è successo ora? A che scopo è successo?’. Lo scopo, la finalità anziché la causa. La salvezza di Rosalinda potrebbe diventare la sua progettualità nel dare nuovi colori alla propria casa. Rinforzandola, ristrutturandola dall’interno, anziché abbandonarla o distruggerla dall’esterno.
Roberto Staglianò