Schettino intercettato: Obbligato a fare l’inchino al Giglio

Pressioni, tante pressioni perché la nave della Costa Crociere passasse a ridosso dell’Isola del Giglio. Sono quelle a cui si riferisce il Comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, in alcune conversazioni telefoniche intercettate dai Carabinieri mentre si trovava negli uffici dell’Arma a Orbetello sabato 14, il giorno dopo il naufragio. “Fabrizio, qualcun altro al posto mio non sarebbe stato così benevolo a passare lì sotto, perché mi hanno rotto il cazzo. Passa, passa di là, passa di là, la secca c’era ma non era segnalata dagli strumenti che avevo e ci sono passato”. E’ un passaggio della conversazione telefonica intercettata dalle microspie utilizzate dai carabinieri quel giorno. Il capitano della Concordia aggiunge: “Fabrizio, per dar retta al manager, passa da lì, passa da lì”, è finito tutto in tragedia. Poi uno sfogo amaro: “non ci voglio andare più sulla nave, cambio vita, perché non la vedo tanto bene”.

“La nave si inclinava e sono sceso”. In un’altra intercettazione Schettino riceve una telefonata e parla con una persona chiamandola Comandante, la mette a conoscenza che si trova a Orbetello e gli riferisce che la compagnia Costa gli ha messo a disposizione l’avvocato. Poi il comandante della Costa chiama un’altra persona di nome Pietro che già è al corrente della situazione e gli chiede se secondo lui “Costa ha tutti gli interessi a dire…” (ma la frase non è completata). “Piè che ti devo dire, mi ha rotto il cazzo; andiamo a salutare il Giglio, andiamo a salutare il Giglio. Stava uno scoglio lì sporgente e non l’abbiamo visto e ci siamo andati su. Quello che a me mi fa onore é che abbiamo salvato tutti quanti tranne questi qua che se non l’avessi fatto”.

E ancora: “mi sono fidato della carta nautica e del Palombi che mi ha chiamato”. Schettino continua a raccontare la manovra che ha effettuato, indicando alcune coordinate e assicurando al suo interlocutore che quanto gli ha raccontato è la verità. Poi riceve un’altra telefonata da una persona che lui chiama Comandante e lo mette a conoscenza che l’avvocato lo ha chiamato e gli ha spiegato tutto. In un’ulteriore conversazione telefonica intercettata, Schettino si autoaccusa dicendo che non doveva andare vicino (al Giglio, ) e non doveva uscire dalla navigazione e se ne doveva sbattere i co…ni ma siccome “ci sono sempre ‘sti benedetti con me a bordo’… ‘Saluta a questo, ‘Saluta a quello, Saluta così, ed ecco qua”. Schettino riferisce inoltre che lui ha fiducia nell’azienda al cento per cento. C’è poi un’altra intercettazione e riguarda i colloqui tra Schettino e il primo ufficiale, Ciro Ambrosio, nella stessa stanza. I due parlano di gradi della rotta, Schettino si chiede come sia stato possibile prendere lo scoglio; il primo ufficiale gli dice che quello contro cui la nave è  finita “non era uno scoglio elevato che si vedeva a occhio nudo” ma “qualcosa di sommerso che non si vedeva, non c’era niente sotto, non si vedeva niente”. Al che Schettino aggiunge “è quello che dico io”. Ambrosio rileva poi che “non c’era nulla da scansare, è la poppa che ha preso qualcosa di sommerso” che non è segnato. Un’altra intercettazione telefonica evidenzia invece che Schettino a un suo interlocutore, di nome Albert, dice che al momento dell’accaduto lui si trovava sul ponte e c’era anche l’ufficiale ed erano passati a 028 (gradi della rotta) e che lo scoglio l’hanno preso lateralmente. “Tutti i venerdì passava a cena, adesso perché  hanno rotto il cazzo, salutiamo a Palombi, salutiamo ‘o vent’, ed ecco qua adesso ho pagato tutto quello che si sa”.

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