Schlein a sostegno del referendum contro il Jobs Act. Renzi: ‘Pd è finito. Scrivi Schlein, leggi 5 stelle o Cgil’

Elly Schlein annunciato il suo sostegno al referendum per l’abolizione del Jobs Act, la controversa riforma lavorativa introdotta dal Partito Democratico nel 2016, sotto la guida di Matteo Renzi. Questa mossa segna una netta divergenza dalle linee guida del suo partito, evidenziando una frattura ideologica significativa all’interno del PD.

Schlein ha annunciato che firmerà il referendum proposto dalla Cgil per l’abolizione del Jobs Act, la riforma sul mercato del lavoro voluta dal governo Renzi nel 2016. Una scelta che va contro a quanto sostengono diversi membri dello stesso Pd, tra cui il responsabile per l’economia.

Schlein ha anche approfittato dell’annuncio per riportare l’attenzione su altri temi legati al lavoro, come la proposta del Pd per un salario minimo nazionale a 9 euro all’ora. I dati sull’occupazione intanto continuano a essere positivi, con nuovi record storici di persone con un posto di lavoro e un’alta percentuale di contratti a tempo indeterminato.

“Ho già detto che molti del Pd firmeranno così come altri non lo faranno. Io mi metto tra coloro che lo faranno. Non potrei far diversamente visto che è un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso”.

Schlein, sottolinea la sua posizione a favore della revoca del Jobs Act. La legge, che ha riformato il mercato del lavoro italiano, è stata un pilastro della leadership di Renzi, ma è stata anche fonte di critiche per le sue implicazioni sui diritti dei lavoratori.

Il fondatore di Italia Viva, Matteo Renzi, ha risposto prontamente alle azioni di Schlein, critica che ha amplificato le divisioni interne al PD. “Elly Schlein firma i referendum contro il JobsAct. La segretaria del PD firma per abolire una legge voluta e votata dal PD. Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel PD? La scelta di Schlein di appoggiare il referendum della CGIL non solo riaccende il dibattito sulle politiche lavorative in Italia, ma solleva anche questioni più ampie riguardanti la direzione futura del Partito Democratico. Questo episodio potrebbe segnare un punto di svolta per il PD, che si trova a dover navigare tra le pressioni della base e le esigenze di un contesto politico sempre più polarizzato. Il Pd ha voluto e votato il Jobs act, io non entro nel merito ma il dato di fatto è che il Pd ha voluto quella legge con gli stessi parlamentari, almeno in parte, che ora raccoglieranno le firme per abrogare la propria legge. Il Pd non esiste più – ha proseguito Renzi – il Pd riformista non c’è più, e io spero se ne accorgano i gruppi dirigenti; sono certo che se ne accorgeranno gli elettori, alle prossime elezioni europee la stragrande maggioranza dei riformisti non può che votare per gli Stati Uniti d’Europa. Si scrive Schlein e si legge 5 stelle o Cgil, noi siamo altra cosa’.

Abolire il Jobs Act? Non servirà a molto. Si tratta, dice Francesco Seghezzi – presidente dell’Adapt, il centro studi voluto da Marco Biagi –, di una riforma che è stata già in parte smontata tra riforme e sentenze della Consulta. “In dieci anni, poi, il mondo del lavoro è profondamente cambiato”. Negli ultimi anni a dominare il mercato sono state le dimissioni volontarie, e non tanto i licenziamenti.

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