Schlein e l’ingresso di Matteo Renzi nel ‘camposanto’ del centrosinistra

Maurizio Belpietro chiama, forse a ragione, forse a torto, il campo largo del centrosinistra ‘campo santo’. Il campo santo, o se volete ‘camposanto’, del centrosinistra ha naturalmente anche un’area monumentale a cui si accede attraverso una Porta Maggiore che immette nel Cenobio,  cappella gotica o conventino, dove  al suo interno sono presenti diversi monumenti sepolcrali, anche di origine  sovietica. C’è poi il Famedio, luogo di sepoltura dei cittadini illustri. La situazione recente del camposanto non è delle migliori e non si sente neanche un piccolo respiro di un’anima viva. Oggi il camposanto è retto e gestito da Elena Ethel Schlein, detta Elly, è una politica italiana con tripla cittadinanza italiana, statunitense e svizzera, segretaria del camposanto democratico  dal 12 marzo 2023. Brava, perché riesce ad esprimersi grazie all’uso delle sue tre lingue, peccato che non la capisce nessuno. Altra particolarità e curiosità è la presenza all’ingresso di un signore che è sempre con la testa nel campo largo del centrosinistra, ma non riesce ad essere ammesso all’ingresso, perché il suo ingresso è  vietato,  una volta da uno, una volta da un altro, dei soci-gestori del camposanto, accettati e coinvolti nelle strategie dalla direttrice Schlein. Le generalità di questo signore? E’ presto detto: Matteo Renzi.

Il Renzi ritiene di essere indispensabile per estromettere dal Palazzo governativo la premier Giorgia Meloni. Lui, il Renzi, è accreditato per sloggiare dai ruoli governativi chiunque li ricopri, anche perché, al momento, sente prepotentemente l’esigenza di ritornare a Palazzo Chigi, che fu costretto a lasciare dopo esserci entrato grazie ai suoi marchingegni.  Ha l’obbligo, con se stesso, di riuscire a speronare il governo di centrodestra. E questo, prima della scadenza della legislatura e grazie ad  una strategia precisa che ha avuto il via con gli attacchi diretti ad Arianna Meloni. Mosse che regalano mostrine alla  segretaria del Pd, che lavora anch’essa alacremente per insediarsi a Palazzo Chigi. Ovviamente possiamo immaginare il Renzi che le dice: ‘Elly, stai serena…’.

Elly ascolta indicazioni e suggerimenti ma agisce secondo  le sue convinzioni. La vittoria delle Europee le ha dato una mano nell’acquisire sicurezza, utile  per le prossime Regionali. Schlein ha colto che il necessario è dato dalla coalizione, recinto di ingresso e contenimento  del quale  non si può fare a meno. Ha fatto suo il titolo del meeting CL di Rimini: “Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo”.

Il dialogo con Renzi, ex premier e segretario Pd, parte da qui, anche se alcuni del Pd, prima nel Pci, non vogliono nemmeno sentirlo nominare perché causa, dopo di lui, dei vari naufragi del partito. Altri, semplicemente elettori dem, esprimono un risentimento alla sola pronuncia del nome, un’avversione che preoccupa perché insana, senza ragioni di sostanza ma intolleranza caratteriale montata da qualche fake presa a prestito qua e là con la complicità di molta stampa che continuerà a bastonarlo per via di quel modo di fare da sbruffone. C’è molta manifesta contrarietà di una buona fetta del Pd a riaprire le porte a Renzi. Schlein sta mettendo una cornice al rientro di Renzi non nel Pd ma nel centrosinistra,  visto che si tratta sempre di un ex premier del centrosinistra e di un ex segretario del Pd, quello del risultato storico del 41% mai raggiunto da nessun altro. Come si fa a respingere un leader con questa carta d’identità? Poi Renzi è una delle personalità di maggior spicco e visione della politica italiana, ed è assurdo avere paura di lui. La Schlein deve riuscire a far cogliere a parte del Pd che l’ingresso di Renzi rappresenta un tassello nell’unità d’intenti del partito. La segretaria ha  colto  gli slanci di Stefano Bonaccini,  che tiene anche la quota dei riformisti ex renziani, ex ministri, ex sindaci e governatori, una classe dirigente voluta e cresciuta dal leader di Italia Viva. È un riconoscimento a quel governo presieduto da Renzi che ha licenziato provvedimenti e leggi dello Stato che oggi  alcuni del centrodestra mettono dalla parte delle cose buone. Renzi è quello che ha fatto i governi Conte 2, poi Draghi, ha spinto per l’elezione di Sergio Mattarella.

Maria Elena Boschi: «Giuseppe Conte? Pensa ancora a quando Renzi lo mandò a casa.  Se l’obiettivo è mandare a casa questa destra, allora bisogna guardare al futuro e non al passato». In un’intervista a Repubblica, l’ex ministra e oggi deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi evidenzia come, in riferimento al campo largo, il leader del M5S Giuseppe Conte è «fermo a qualche anno fa, a quando Matteo Renzi lo ha mandato a casa per favorire la nascita del governo Draghi». Il presidente del Movimento 5 Stelle ha detto che includere Italia Viva nella coalizione farebbe perdere voti. Boschi replica così: « Non vorrei che Conte facesse gli stessi errori di valutazione di Enrico Letta, quando nell’estate del 2022 disse no a un accordo con Iv. Poi è finita che noi i nostri voti li abbiamo presi, Letta ha perso le elezioni e a Palazzo Chigi c’è Giorgia Meloni».

L’apertura del leader di FI, Antonio Tajani, sullo Ius scholae secondo l’ex ministra «è tutto un bluff». Su una nuova legge per la cittadinanza «se c’è la possibilità di averne una migliore di quella attuale noi ci siamo. Ho depositato nuovamente una proposta di legge su Ius scholae e Ius culturae che votammo alla Camera e sulla quale c’era l’accordo anche coi moderati di Maurizio Lupi. Ripartiamo da lì: se c’è buona fede la proposta è sul campo». Mentre il leader di Forza Italia «mi pare sia solo chiacchiere e distintivo: fa un’apertura che serve a parlare a un pezzo di elettorato, a prendere qualche voto in più, non a cambiare la vita di chi nasce in Italia da genitori stranieri. Figuriamoci se arriva a mettere in discussione governo e maggioranza».

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