Schlein, tra la silente Giorgia Meloni e salario minimo

“Quanto durerà ancora il silenzio di Meloni? Da settimane in ostaggio delle inchieste, degli scandali e dei vergognosi sproloqui della sua stessa maggioranza e non abbiamo sentito da lei una sola parola sulle emergenze economiche e sociali del Paese. Non una parola è arrivata sulla proposta unitaria delle opposizioni sul salario minimo e questo silenzio non punisce l’opposizione ma mortifica 3 milioni di lavoratrici e lavoratori poveri”, afferma la segretaria del Pd Elly Schlein in una nota:  “Non una parola e non un fatto sono arrivati sul caro mutui che merita risposte, sull’emergenza abitativa che il governo ha inasprito tagliando il fondo affitto. Non una parola è arrivata sulla sicurezza sul lavoro, nonostante il tragico stillicidio di vittime. Non una sola proposta su come contrastare l’inflazione galoppante che sta impoverendo il Paese. Cos’altro deve accadere perché, infine batta un colpo?’.

Il salario minimo è una  questione stringente, perché la proposta approderà nell’aula della Camera il 27 luglio. E delicata, dato che il Pd di Elly Schlein ha fatto del salario minimo una battaglia identitaria, da portare avanti fino in fondo. Ecco perché, nei ragionamenti che si fanno dentro al governo, c’è la consapevolezza che la vicenda non può essere archiviata solo come un’iniziativa delle opposizioni da affossare in Parlamento.

Tra l’altro, elemento che fa da denominatore alle considerazioni, la proposta di legge ha aperto uno squarcio su un fianco debole, anche per Giorgia Meloni: è il lavoro povero, perimetro dentro cui ricade un pezzo importante del consenso incassato alle elezioni. Come ha spiegato, negli scorsi giorni, un’analisi di Noto Sondaggi per Repubblica.

Esclusi il settore dell’agricoltura e il lavoro domestico, il 97% dei lavoratori è legato a un contratto nazionale di lavoro siglato da federazioni che aderiscono a Cgil, Cisl e Uil, mentre al restante 3% è applicato un contratto firmato da altre organizzazioni sindacali. È qui che la destra si aggancia per dire che la contrattazione, comunque da migliorare per via dei cosiddetti contratti pirata, è la strada maestra da seguire per storture che vengono definite limitate.

“Rinnovo della contrattazione e welfare sono ancora strumenti per aumentare la busta paga”, dice Walter Rizzetto (FdI), presidente della commissione Lavoro della Camera. E per motivare perché la soluzione non può essere rappresentata dal salario minimo a 9 euro lordi all’ora, come propongono le opposizioni, si fa riferimento alle simulazioni sugli undici contratti collettivi nazionali più applicati, tra “forti” e “deboli”. Viene fuori che, in media, il trattamento economico complessivo orario è di 10,29 euro, superiore quindi a 9 euro.

Il governo vuole spingere sulla contrattazione, per dare una risposta alla questione del lavoro povero. “Il nostro impegno, rispettoso del ruolo delle parti sociali, è volto a incentivare accordi che rafforzino e allarghino le tutele esistenti”, spiega il sottosegretario leghista all’Economia Federico Freni. Ma nella strategia ci sono anche il taglio del cuneo fiscale e aiuti per le famiglie con figli. Con l’incognita delle risorse da trovare. Un passo per volta, è la traccia. Prima bisogna fermare il salario minimo in Parlamento.

«Nel caso fosse introdotto per legge il salario minimo a 9 euro lordi all’ora», scrive la Cgia in un rapporto diffuso, «potrebbe esserci il serio pericolo di vedere aumentare il lavoro irregolare, in particolare nei settori dove attualmente i minimi tabellari sono molto inferiori alla soglia proposta dal disegno di legge presentato nei giorni scorsi alla Camera». Il testo è stato presentato da tutte le opposizioni tranne Italia Viva.

I settori più a rischio, spiega la Cgil, sono l’agricoltura, il lavoro domestico e alcuni comparti presenti nei servizi, «settori già fiaccati da una concorrenza sleale molto aggressiva praticata dalle realtà che da sempre lavorano completamente in nero». In sostanza, «non è da escludere che molti imprenditori, costretti ad aggiustare all’insù i minimi salariali, potrebbero essere tentati di licenziare o di ridurre l’orario di alcuni dipendenti, costringendoli comunque a lavorare lo stesso, ma in nero.

Questa “contromisura”», prosegue la Cgia, «consentirebbe a molte attività di contenere i costi e di non scivolare fuori mercato». E i problemi maggiori si verificherebbero al Sud, nelle regioni in cui Conte ha costruito la propria narrazione, cioè mance elettorali per restare sul divano e arrotondare il sussidio con qualche lavoretto in nero, e siamo sempre lì, all’illegalità. Il 38% dei lavoratori irregolari risiede nel Mezzogiorno, un milione 100mila persone su un totale nazionale di 2 milioni 900mila». Nel settore dei servizi, e riportiamo i dati Istat, ci sono 2,3 milioni di occupati irregolari (oltre all’ambito domestico si deve aggiungere il commercio, la ristorazione e gli alloggi).

La Cgia di Mestre non è contraria del tutto al salario minimo. Lo appoggerebbe, qualora però «al trattamento economico minimo, ossia i minimi tabellari previsti dai singoli Contratti nazionali di lavoro, si aggiungessero le voci che compongono la retribuzione differita». Queste voci, presenti nel contratto collettivo nazionale, costituiscono il cosiddetto “trattamento economico complessivo”: si tratta dei fringe benefit (buoni pasto, auto e cellulare aziendale, voucher, borse di studio), la bilateralità, le indennità di trasferta, del lavoro notturno e festivo, i premi, gli scatti di anzianità, la quattordicesima, il trattamento di fine rapporto, il welfare aziendale. Dunque costi su costi astronomici per lo Stato.

La Cgia sarebbe comunque contraria ad applicare la misura agli apprendisti. La loro retribuzione si aggira sugli 800 euro netti (altro dato Istat). L’importo è basso perché segue la logica di questo inquadramento, introdotto nel ’95 e rivolto a chi ha meno di trent’anni ed entra nel mercato del lavoro senza esperienza. «Appare evidente che se si dovesse ritoccare all’insù la retribuzione per i livelli più bassi», scrive ancora la Cgia, «la stessa operazione dovrebbe essere effettuata anche per gli inquadramenti immediatamente superiori. Molti lavoratori si vedrebbero ridurre o addirittura azzerare il differenziale salariale coi colleghi assunti a livelli inferiori».

Ma la Schlein spalleggiata dalla Cgil di Landini insiste sui 9 euro lordi: «Non possiamo più aspettare», tuona Elly. Insiste anche Conte: «La Meloni deve ascoltarci», dichiara  il capo grillino. «Queste forze di maggioranza devono ascoltare i milioni di lavoratrici e lavoratori». La Cgia, al di là di tutto, spiega che «sarebbe opportuno, come in parte ha fatto sia il governo Draghi che quello Meloni, ridurre il cuneo fiscale». Cosa da non dire a Schlein e Conte.

Circa Redazione

Riprova

Renzi: ‘Sangiuliano sarà il pandoro Balocco di Giorgia Meloni’

Il leader di Italia Viva, nella sua newsletter, offre un punto di vista  sul caso …

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com