Fumata nera al vertice durato circa tre ore a Palazzo Chigi sul tema dell’Autonomia: le intese regionali non saranno sul tavolo del Consiglio dei ministri. Un nuovo vertice dovrebbe esserci mercoledì prossimo. E’ dunque scontro sul provvedimento con fonti della Lega che accusano: “”Sull’Autonomia 5 stelle fanno muro e si nascondo dietro ai burocrati. Ennesima riunione a vuoto”. “I 5 stelle chiedono tempo e chiedono un incontro il prossimo mercoledì. Nessun nodo risolto. Bloccano qualsiasi iniziativa”, accusano dalla Lega al termine del primo vertice a Palazzo Chigi, quello sull’Autonomia.
“L’autonomia è nel contratto e si farà. Le riunioni servono per far condividere le cose. Quando si governa in due le cose si fanno in due. Quindi nessun blocco”, replicano fonti M5S.
Per Salvini «i 5 Stelle fanno muro e si nascondono dietro i burocrati», mentre a sentire Di Maio «non c’è nessun blocco, ma quando si governa le cose si fanno in due». Basta ultimatum, è il messaggio del capo del Movimento, seccato perché il leader della Lega nel bel mezzo di una riunione tesissima ha mollato Palazzo Chigi «per andarsene in tv da Bianca Berlinguer», cedendo la seggiola a Giancarlo Giorgetti: «È come se fossi io…». Quando Danilo Toninelli è arrivato, gli umori erano ormai tali che nemmeno sui destini incrociati di Atlantia e Alitalia è saltato fuori uno straccio di intesa. Governo bloccato e lo spettro del voto anticipato che aleggia tra Montecitorio e Palazzo Chigi.
Sulla scia della vittoria olimpica, la Lega aveva provato l’accelerazione finale sull’Autonomia di Lombardia e Veneto, insieme all’Emilia Romagna. “Quando corrono gli enti locali l’Italia vince”, aveva Matteo Salvini, tornando a indicare Roma come il luogo dove “tutto si ingolfa”.
Sono le sette quando il «Capitano» della Lega entra al vertice di Palazzo Chigi con alcune idee fisse nella testa. Battere cassa, forte della vittoria del «partito del sì» sul fronte delle Olimpiadi invernali. Accelerare su autonomia e flat tax. E stanare i 5 Stelle. «Basta frenare — si è sfogato il leader con i suoi — Io voglio governare quattro anni, ma un no al taglio delle tasse non lo accetto».
Ma su scuola, trasporti e tasse da trasferire alle ricche regioni del Nord, il Movimento 5 stelle vuole giocare fino in fondo la sua partita. E almeno correggere e rallentare, se non fermare, la corsa dei governatori salviniani verso l’autonomismo. Dando al Parlamento il potere di esaminare ed emendare. Con la calma necessaria. E’ questo il cuore del vertice serale a Palazzo Chigi.
La partita è legata, su un piano tutto politico, a un altro tema caro alla Lega, quello della prossima manovra e della flat tax.
Sui conti pubblici si deciderà tutto nelle ultime ore prima del Cdm: sia a Palazzo Chigi che nel M5s c’è ottimismo sul via libera della Lega alla legge di assestamento di bilancio con una correzione dei saldi che consenta di evitare la procedura d’infrazione Ue.
Ma il nodo, enorme, riguarda il 2020: nel governo sarà battaglia fino alla fine e uno stop all’Autonomia potrebbe indurre Salvini a far saltare tutto. Tra l’altro la Lega starebbe preparando – pronta all’uso, per forzare la mano nel governo – un’accelerazione delle misure fiscali (la “manovra” di cui ha parlato Salvini), con un provvedimento ad hoc (forse un decreto, ma non si trovano riscontri tra le fonti ufficiali) cui già lavorano gli uffici. Tutti insieme, insomma, vengono al pettine i nodi più spinosi per i gialloverdi. Accelera anche la decisione sulla Tav: dopo l’aumento al 55% dei finanziamenti europei i leghisti spingono perché arrivi in fretta il Sì del governo ma il M5s frena, chiede tempo (i bandi, sottolinea, sono revocabili) e, dilaniato al suo interno, si affida a Conte.
Ci sono Fraccaro, Buffagni, Garavaglia ed Erika Stefani e al premier Giuseppe Conte tocca arbitrare l’ennesimo braccio di ferro. Il capo politico del M5S non intende cedere ai diktat, né piegarsi al pressing della Lega che «strumentalizza Olimpiadi e Tav». E se Salvini ritiene che il testo base dell’autonomia non abbia bisogno di emendamenti, Di Maio chiede di consentire alle commissioni parlamentari di esaminare e correggere il provvedimento.
Deciso a incidere sulle materie da trasferire alle regioni del Nord produttivo, il capo del M5S invoca il tempo che serve a «sciogliere i nodi su ambiente, sanità, trasferimenti fiscali alle Regioni, scuola, trasporti». Sa di non poter fermare la corsa del Carroccio verso l’autonomismo, perché il contratto lo prevede, ma vuole far valere le ragioni del M5S.
«L’ultima parola spetta al premier», avverte Di Maio, segnalando come i tecnici del Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi abbiano messo a verbale «una valutazione negativa» sulla bozza. Il ministro del Lavoro, che al mattino aveva fatto il punto con i ministri Costa, Grillo, Bonisoli e Toninelli, gioca d’azzardo. Ma non è un bluff. Il Dagl in effetti ha messo a verbale come l’applicazione dell’articolo 116 della Costituzione non debba comportare un aumento della spesa complessiva nazionale per le materie oggetto di eventuale trasferimento.
«Questi vogliono la secessione», è la battuta attribuita a Di Maio. Sospetti infondati, ribattono i leghisti: «La bozza non toglie nemmeno un centesimo alle regioni del Sud». E la tensione è tale che un accordo sul destino di Atlantia dopo il drammatico crollo del Ponte di Genova si rivela impossibile. Di Maio e Toninelli tentano il blitz, formalizzando la proposta di revocare la concessione ad Autostrade. Ma Salvini è contrario. Teme che stoppare la concessione impedisca di coinvolgere in Alitalia l’azienda della famiglia Benetton (Atlantia), riducendo quasi a zero le possibilità di salvare la compagnia di bandiera.