Scontro sul Mes, Conte attacca Meloni e chiede il Giurì d’onore

Sul Mes Giuseppe Conte accusa Giorgia Meloni di aver “detto il falso”. E annuncia di aver “consegnato al presidente Fontana una richiesta di istituire un Giurì d’onore” per “accertare le menzogne denigratorie del presidente del Consiglio” in Aula. Il premier aveva attaccato il leader del M5s dicendo che avrebbe firmato “il suo assenso” al Meccanismo europeo di stabilità “un giorno dopo essersi dimesso, senza mandato parlamentare”.

A quasi una settimana dallo scontro tra Meloni e Conte sul Mes, con la premier che aveva puntato il dito contro l’ex presidente del Consiglio e il suo esecutivo sull’autorizzazione inviata da Di Maio e il relativo attacco degli accusati, il leader del Movimento 5 Stelle non ci sta e passa alla nuova controffensiva. Lo fa dalle aule della Camera dei Deputati, dove nella giornata di lunedì 18 dicembre è stata indetta una conferenza stampa per sottolineare che da un “fatto molto grave” è stata presa una decisione.

“Ho consegnato al presidente Fontana una richiesta di istituire un Giurì d’onore ai sensi dell’articolo 58 della Camera dei Deputati” ha detto Conte, puntando il dito contro Meloni. Il leader del Movimento 5 Stelle, infatti, ha fatto sapere di aver avanzato la richiesta al presidente della Camera per avere una “commissione deputata ad accertare le menzogne denigratorie e la dolosa condotta di Giorgia Meloni che ha offeso l’intero mio gruppo che sulla questine del Mes ha assunto posizione sofferte ma chiare”.

Giuseppe Conte, infatti, parlando della premier, ha accusato Meloni di aver “scelto deliberatamente di mentire al Parlamento e a tutti i cittadini, ha sostenuto che il mio governo ha dato l’ok alla riforma del Mes a gennaio 2021 senza un mandato parlamentare, con il favore delle tenebre, addirittura quando il governo era dimissionario e aveva preparato gli scatoloni”. Ma non solo, perché per Conte “la presidente Meloniha mentito consapevole di mentire“.

“Ha danneggiato l’Italia e umilia il Parlamento” l’accusa di Conte che ha quindi sottolineato di non voler accettare quanto successo perché “è un precedente che non può essere derubricato come dialettica politica”.

Quando si parla di Giurì d’onore, come anticipato anche da Conte, si fa riferimento a una commissione prevista direttamente dal regolamento della Camera. Infatti, all’articolo 58 si legge: “Quando nel corso di una discussione un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al presidente della Camera di nominare una commissione la quale giudichi la fondatezza dell’accusa”.

Ed ecco che entra in gioco il Giurì che, nella prassi parlamentare, necessita di tre specifici elementi per essere istituito:

  • l’addebito personale e diretto di un parlamentare nei confronti di un altro nel corso di una discussione;
  • l’attribuzione di fatti determinati e non quindi l’espressione di un giudizio o una opinione;
  • la possibilità che la Commissione di indagine possa acquisire elementi di conoscenza in ambito parlamentare o attraverso testimonianze spontanee degli interessati.

E nel caso Conte-Meloni questi elementi sarebbero soddisfatti. Stando al Regolamento della Camera dei Deputati, spetterà a questo punto al presidente Lorenzo Fontana assegnare “un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione”.

Ma il Giurì d’onore è comunque uno strumento a cui non si ricorre molto di frequente, visto che raramente i deputati trascendono nel linguaggio senza incorrere in sanzioni più gravi. Il Regolamento, infatti, stabilisce che se un parlamentare ricorre “a parole sconvenienti’ (articolo 59) sia richiamato dal presidente e che sia espulso (articolo 60) se viene richiamato una seconda volta o se ‘ingiuria uno o più colleghi o membri del governo”.

Ma se il presidente Fontana dovesse ritenere opportuna la formazione del Giurì d’onore, la sua costituzione è chiara. Infatti, il Giurì d’onore è composto da uno o più membri, in numero dispari, che possono essere nominati dalle parti, dal Presidente del Tribunale dove pende il procedimento, da associazioni legalmente riconosciute come enti morali e sono scelti fra persone iscritte in appositi albi costituiti da tali associazioni ed approvati dal medesimo Presidente del Tribunale.

I componenti devono quindi accettare la nomina con atto scritto e pronunciare il loro verdetto entro tre mesi dall’accettazione anche se, ricorrendo gravi motivi, iltale termine può essere prorogato fino ad altri tre mesi. Le sedute del Giurì d’onore, va sottolineato, non sono pubbliche e vige la massima segretezza per tutto ciò che concerne gli atti del procedimento. Solo il verdetto è pubblico, ma l’eventuale pubblicazione di atti o documenti concernenti il giudizio è sanzionata alla stregua dell’arbitraria ed indebita pubblicazione di atti e notizie concernenti un procedimento penale.

A dir la verità quella del Giurì d’onore non è una prassi così rara. Andando indietro nel tempo, infatti, diverse sono state le situazioni in cui è stato richiesto ed effettivamente indetto, altre invece è stato messo da parte per questioni particolari.

L’ultimo Giurì d’onore, per esempio, risale al 31 gennaio scorso su richiesta del Pd per le dichiarazioni in aula di Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia, contro 3 deputati Dem per la visita in carcere all’anarchico Alfredo Cospito in regime di 41 bis e in sciopero della fame da oltre 100 giorni.

A volte il Giurì d’onore è stato richiesto e non costituito e il perché è presto spiegato. Capita, infatti, che alla richiesta al presidente della Camera di “giudicare la fondatezza dell’accusa”, l’accusatore faccia un passo indietro. È successo, per esempio, l’11 dicembre del 2009 con le scuse di Maurizio Paniz di Forza Italia a Marco Minniti per le sue affermazioni del giorno precedente.

Sarà lo stesso con Meloni e Conte dopo che il leader M5s ha “presentato” il faldone sulla risoluzione parlamentare?

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