Il giorno dopo le designazioni di Fabrizio Salini e Marcello Foa rispettivamente come amministratore delegato e presidente della Rai, si accende lo scontro politico sulle nomine. Il nome che proprio non piace è quello di Foa. I suoi attacchi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e le sue posizioni sovraniste non piacciono soprattutto al Pd e a LeU. E anche a Fi. Accuse che sono rimandate al mittente dal governo Conte che difende la scelta fatta.
Ma dietro il gioco delle nomine c’è una partita più importante che potrebbe disputarsi nei prossimi mesi. Le elezioni anticipate e le future coalizioni politiche. Le accuse del Pd mirano soprattutto a minare una eventuale alleanza di centro destra , tra Lega e Forza Italia. Il partito di Berlusconi è elettoralmente ai minimi storici e rischia di avere un ruolo sempre più marginale nell’agone politico ma i suoi voti servono. Aggiunti a quelli di Salvini possono portare il centro destra a superare il 40% dei consensi e ad avere una maggioranza assoluta per governare se dovesse restare in vigore l’attuale sistema elettorale. Se dovesse cambiare la legge, situazione difficile da realizzarsi, e restare intatto il consenso del centro destra la sostanza non cambierebbe. I voti raccolti supererebbero, comunque, il 40 % e Salvini e company potrebbero guidare da soli il Paese senza alcuna alchimia contrattuale-elettorale. Il Movimento 5 Stelle sarebbe, così, spedito all’opposizione. Ed in questo quadro il Pd cerca portare scompiglio perché come partito, alla pari di Fi, potrebbe diventare solo una controfigura, sì importante, ma insignificante per arrivare alla guida del Paese. Meglio, dunque, dividere il centro destra che averlo unito.
Al di là delle critiche sulle affermazioni sul nome del presidente della Rai in pectore ciò che è importante è la ratifica della Commissione di Vigilanza sulla Rai. Ed ecco che entra in gioco Forza Italia ed il contestuale pressing sugli azzurri da parte dei Dem. Foa per avere lo scranno più importante di Viale Mazzini deve ricevere l’ok dai commissari della Vigilanza: ovvero i due terzi su quaranta.
A Foa per essere eletto occorrono 27 voti su 40. Lega e Movimento Cinque Stelle si fermano a 21 ed i sei rimanenti potrebbero arrivare solo da Forza Italia visto che il Pd ha dichiarato di votare contro la nomina del presidente designato. Ed ecco il disegno dei Dem: portare gli azzurri a non votare Foa per iniziare a minare la futura alleanza tra gli ex soci del centro destra in vista delle prossime, qualcuno dice imminenti, elezioni politiche. Sarebbe difficile, in futuro, comportarsi elettoralmente, in un gioco di poteri, votare in modo diverso.
Per ora da Forza Italia prendono tempo e le ‘dovute distanze’ per un metodo, stando alle parole di Giorgio Mulè, portavoce dei gruppi di Fi, “non condiviso”. “Il metodo utilizzato dal governo ci ha sorpreso. Trattandosi di individuare e proporre una figura di garanzia era necessaria una verifica preliminare. Noi voteremo no”, ha detto Mulé, ai microfoni Tgcom24. “A Foa chiediamo di dimostrare che è super partes, cioè un presidente di garanzia”.
“Il governo – ha proseguito Mulé – ha inteso invece sottoporre alla Vigilanza un candidato che per le posizioni espresse e i giudizi anche su importanti figure istituzionali come il Presidente della Repubblica ha incontrato immediatamente il no di Pd e Leu. Nessuno pensa che esista una figura che raccolga il 100 per cento dei consensi, ma il momento dell`informazione che viviamo pretendeva la più ampia condivisione. Il nome di Foa non la avrà ed è una certezza e questo contraddice lo spirito della nomina”.