Le banche centrali continuano ad alzare i tassi di interesse nel tentativo di raffreddare l’inflazione senza far deragliare la crescita dell’economia.
Fed e BCE unite nella comune lotta contro un nemico comune ed insidioso, l’inflazione divampata all’indomani della pandemia e diventata una vera e propria emergenza lo scorso inverno. Una piaga coì grande – non dimentichiamo che decurta i salati reali e riduce il potere d’acquisto delle famiglie – da non poter essere ignorata: in USA l’inflazione è volata all’8,6% ai massimi dal 1981, ma anche in Europa è salita su un nuovo record dell’8,1% e in Italia al 6,7% al top dal 1990.
Non sorprende che le banche centrali siano tornate all’ordine, perché ormai da troppo tempo l’inflazione ha superato il comune target del 2% e non può più essere definita “temporanea”. E così si è tornati alla linea del rigore, anche a costo di minare la ripresa post-pandemia.
La Fed determinata a combattere l’inflazione
Negli Stati Uniti, dove la crescita economica è più solida e la situazione del mercato del lavoro più rosea, la Fed non ha esitato ad avviare una campagna anti-inflazionistica, avviando una serie di rialzi consecutivi dei tassi ed arrivando a ritoccarli di 75 punti. Una mossa risoluta che il Presidente Jerome Powell ha spiegato con la “determinazione a far scendere l’inflazione” anche a costo di sacrificare la crescita, che è stata rivista al ribasso quest’anno al’1,7% dal 2,8% precedente.
Secondo Powell però “non ci sono segnali di rallentamento nell’economia” e la Fed “non sta cercando di indurre alcuna recessione”, ma il livello die tassi dovrà aumentare ancora, per arrivare al 3m4% entro la fine dell’anno. E per luglio le attese sono per un altro aumento marcato di 50-75 punti.
La BCE più esitante a causa
Per la BCE gestire la situazione è un po’ più complicato, a causa della frammentazione che caratterizza l’Area della moneta unica, sia a livello di tassi di crescita dell’economia che in termini di debito pubblico. In più, una vera e propria politica economica comune non c’è ad affiancare le misure di politica monetaria.
Per questo motivo la situazione è sfuggita di mano all’Eurotower, tanto da aver costretto i banchieri a riunirsi a neanche una settimana dalla riunione ordinaria in calendario, per chiarire il discorso legato allo scudo anti-spread.
Anche la BCE, secondo gli analisti, potrebbe arrivare ad alzare i tassi di 50 punti base a settembre, ma le preoccupazioni maggiori in questa fase di “normalizzazione” della politica monetaria, si sono concentrate sull’eccessivo allargamento degli Spread della periferia europea, che ha riproposto la necessità di uno strumento ad hoc “anti-frammentazione”, come oggi preferisce chiamarlo l’Istituto di Francoforte.
Nuovo tonfo delle borse
I mercati continuano a confermarsi volatili e, in linea con una politica monetaria restrittiva, sono posizionati tendenzialmente al ribasso. E così Wall Street è salita ieri dopo le decisioni della Fed, ma si preannuncia oggi in rosso. E così le borse europee che evidenziano perdite sino al 3% riavviando il trend pesantemente negativo tracciato da inizio settimana.