La riforma della scuola arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri di stasera. Ma la scelta di Matteo Renzi di non ‘strozzare’ il dibattito parlamentare evitando un decreto mette in allarme i sindacati perchè non dà certezza sui tempi di approvazione e dunque mette a rischio le assunzioni previste. In mattinata il presidente del Consiglio ha avuto un colloquio di circa un’ora e mezza con il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini a Palazzo Chigi per fare il punto. “L’unico decreto legge che il Consiglio dei Ministri di oggi pomeriggio dovrebbe varare riguarda le assunzioni dei precari che non possono essere presi più un giro”, a prendere posizione, mentre è in corso un confronto tra il ministro Giannini e il Premier Renzi, è il sindacato Gilda. “Ci auguriamo che il Governo non si sottragga a questa unica vera urgenza e che definisca con chiarezza l’organico, visto che nella bozza del decreto legge non c’è alcun riferimento al numero di assunzioni”. Il mostro giuridico che il Governo stava preparando, e che minacciava di intervenire su materie di natura strettamente contrattuale come lo stato giuridico degli insegnanti, la carriera e le retribuzioni, è stato bloccato. La retromarcia di Renzi, sostiene il coordinatore della Gilda, Rino Di Meglio, è anche frutto della vasta mobilitazione promossa dalla Gilda domenica scorsa e che ha portato in poche ore migliaia e migliaia di docenti a inondare di appelli via web il presidente della Repubblica. Ci auguriamo che la discussione su La Buona Scuola venga portata in ambito parlamentare e che si apra un confronto serio e approfondito con i sindacati. Ci rivolgeremo ai parlamentari con le nostre osservazioni per migliorare il disegno di legge del quale speriamo di poter leggere presto il testo definitivo. Nel decreto legge, secondo quanto era atteso, avrebbe dovuto confluire innanzitutto il pacchetto di assunzioni, uno dei pilastri degli interventi studiati per migliorare il sistema d’istruzione nel nostro Paese. Previsti 180.000 “ingressi”, considerando però anche circa 60.000 posti dell’annunciato concorso per insegnanti, pescando dalle graduatorie a esaurimento, dagli idonei e vincitori dell’ultimo concorso pubblico, quello del 2012, e, per consentire una coincidenza tra fabbisogni e organici. Ci sono materie, come matematica e fisica, in cui scarseggiano prof e discipline che si è deciso di potenziare, anche attingendo dalle graduatorie di istituto, offrendo a questa categoria di precari prima un contratto a termine per un altro anno e poi una sorta di “corsia preferenziale” per il concorso che verrà bandito a ottobre. A questo plotone di docenti si prevedeva di aggiungere i supplenti che hanno più di 36 mesi su posto vacante, come conseguenza del recepimento della sentenza della Corte di Giustizia europea. Per loro, poche migliaia secondo l’interpretazione del Miur, decisamente più restrittiva rispetto a quella sindacale, si pensava a un indennizzo, anche nell’intento di evitare ulteriori contenziosi. Nel disegno di legge, fino a stasera, era previsto che finissero la riforma dell’infanzia, un unico percorso educativo da 0 a 6 anni, interventi legati alla disabilità e al ‘sostegno’, un testo unico nuovo in materia di normativa scolastica, misure per il diritto allo studio. Altro capitolo entrato “in corsa” quello delle scuole paritarie, accompagnato da non poche polemiche. L’idea era quella di proporre una detrazione fiscale per le famiglie che iscrivono i propri figli alle paritarie. Nel decreto era prevista anche la carriera dei docenti, con gli aumenti stipendiali per il 70% legati al merito e per il restante 30% all’anzianità di servizio, il rafforzamento di alcune materie come musica, arte, lingue straniere, il rafforzamento della scuola-lavoro.