Scuola tra ministro Poletti, “Jobs school” e polemiche

La scuola pare essere un cantiere di idee sempre aperto. Mentre ancora si consumano analisi e speculazioni sul testo del ddl “Buona scuola”, una considerazione del ministro Poletti sulla durata delle vacanze scolastiche ha aperto un nuovo fronte di dibattito, nella stessa giornata in cui Matteo Renzi, parlando alla Luiss School of government, ha assicurato che sulla scuola l’Italia si gioca “una delle chance di essere superpotenza mondiale”. Il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, interviene fuori campo, innescando polemiche e discussioni sulle vacanze scolastiche che hanno la durata di tre mesi: “Un mese di vacanza va bene. Ma non c’è un obbligo di farne tre. Magari uno potrebbe essere passato a fare formazione. Una discussione che va affrontata. I miei figli d’estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse e non si distruggerebbe un ragazzino se invece di stare a spasso per le strade della città va a fare quattro ore di lavoro”. Tanto è bastato per dare la stura a commenti e interpretazioni. Qualcuno, leggendo tra le righe, ha visto dietro le parole del ministro Poletti un disegno politico per sfruttare gratuitamente il lavoro dei giovani. Ma il ministro Giannini, ha chiarito che i temi toccati da Poletti sono stati oggetto di analisi anche nel lavoro sul Ddl Scuola. Dice la Giannini che all’articolo 4 comma 3 si prevede esplicitamente che l’alternanza può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche”. La riforma prevede 400 ore di alternanza per istituti tecnici e professionali, e 200 ore per i licei, e parte di queste potrebbero essere utilizzate a scuole chiuse. “Ma questo non significa fare meno vacanze”, sottolinea il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi. I ragazzi del triennio di tecnici e professionali potranno impiegare del tempo libero estivo in attività che renderanno più facile, alla fine degli studi, trovare un impiego. La proposta di Poletti piace al Moige, (Movimento genitori), che vorrebbe una revisione del calendario per bilanciare meglio i periodi di riposo durante l’anno. “Siamo il Paese con le vacanze più lunghe d’Europa. E un tempo così prolungato di inattività vanifica gli sforzi d’apprendimento”. I presidi colgono invece l’occasione per rilanciare una delle loro battaglie. Fare esperienza di lavoro durante la scuola è utile non solo per diminuire la dispersione e facilitare l’inserimento immediato nel mondo del lavoro, ma anche per orientare le scelte di chi andrà all’università. “Da anni, più o meno dai primi anni ’90, chiediamo che ci siano piani intelligenti per l’utilizzo della risorsa scuola durante l’estate”, ha osservato Mario Rusconi, vicepresidente dell’Anp, ricordando che durante le vacanze gli istituti scolastici sono largamente inutilizzati. “L’idea di utilizzare i locali durante l’estate per corsi di sostegno e recupero, per corsi di formazione particolari, per ospitare iniziative di giovani diplomati in cerca di lavoro ci trova dunque senz’altro d’accordo. Mi permetto di far notare, tuttavia, che Poletti è l’ennesimo ministro che si pronuncia sulla questione, ma mai, finora, alle parole hanno fatto seguito prassi organizzative coerenti. La scuola ne ha abbastanza di effetti-annuncio”. Sgombra il campo da un possibile equivoco il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna: “Gli studenti italiani non hanno un surplus di vacanze rispetto ai coetanei degli altri paesi e in ogni caso, va evitato di irreggimentare tutto. Cosa far fare ai ragazzi, nel periodo di sospensione della attività scolastiche dipende dalla fascia di età e dal tipo di percorso, ed è questione che riguarda in primo luogo le famiglie”. Per il segretario generale della Cisl Scuola, Francesco Scrima, invece, “Il ministro Poletti pensi a ridurre le amare vacanze dei senza lavoro”. Su una diversa modulazione delle vacanze il Codacons é assai perplesso per il riferimento di Poletti all’impegno lavorativo dei ragazzi nel periodo di vacanza: “Più che spingere gli studenti a lavorare d’estate, il Ministro dovrebbe spingere le aziende ad assumere giovani e creare occupazione, attraverso provvedimenti specifici”. Su una revisione del calendario è d’accordo il Moige: “Un tempo così prolungato di inattività vanifica gli sforzi d’apprendimento fatti durante l’anno scolastico e ridimensiona fortemente l’impatto dello studio”. Il timore della Cgil è che il ministro Poletti attraverso i decreti attuativi del Jobs Act, stia facendo una riforma dell’apprendistato che dequalifica l’alternanza scuola lavoro e i percorsi formativi in obbligo di istruzione. Sulla stessa lunghezza d’onda le associazioni studentesche che definiscono allucinanti e deliranti le parole di Poletti. “Sembra voler invitare gli studenti a lavorare d’estate, preferendo lo sfruttamento alla formazione”, chiosa Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti. In realtà quando un ministro lancia una provocazione come quella lanciata da Poletti, che punta il dito contro un male dovrebbe essere abbastanza lucido da leggere sì la radiografia, che individua una malattia, ma dovrebbe proporre al contempo una terapia. Prevenire è meglio che curare, recita un vecchio adagio.  L’esternazione del ministro Poletti sulle vacanze estive, invece, mette sul piatto della discussione pubblica una questione drammatica, senza però prospettare alcuna soluzione concreta. Poletti parla solo di una vaga alternativa che è la formazione professionale. Individua il male, ma gli sfuggono le metastasi cancerogene del male stesso. In fin dei conti Poletti propone solo un pannicello caldo. I motivi li abbiamo espressi, a ben leggere, in questo articolo perché il ministro in questione dovrebbe spingere, prioritariamente, le aziende ad assumere giovani e creare occupazione. Una provocazione di questo tipo non può arrivare da un ministro, perché un ministro si devi porre innanzitutto il problema delle carenze strutturali della scuola pubblica in Italia. E la prima carenza sta proprio nel rapporto tra le ore di studio e le ore di attività alternative. Il grande problema della scuola italiana è  la scarsità di attività post scolastiche, durante l’anno come d’estate. Non bisogna sviare la discussione su altro, come la soluzione di una questione ben più ampia che dovrebbe, quella sì, essere all’ordine del giorno sempre. Perché aprire le scuole il pomeriggio e d’estate potrebbe avere il significato di diminuire la dispersione scolastica come risposta alla depressione giovanile ed alla violenza come sperimentato in altri paesi.

Cocis

 

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