Se ti trovi a passare per le vie di questo borgo stai attento ai gavettoni, anche detti (in Sicilia) “cati d’acqua”. Vi parliamo di un antico rito che si rinnova ogni vigilia di Ferragosto ad Augusta, nel Siracusano.
Un tradizione antica, che si tramanda da secoli di generazione in generazione. Si tratta delle “secchiate d’acqua” del 14 agosto: un’usanza che si rinnova ogni anno, sempre lo stesso giorno e sempre alla stessa ora, a mezzogioro in punto, al suono delle campane.
Il rito consiste nel gettare secchi o bacinelle piene d’acqua davanti all’uscio di casa, per i vicoli e addirittura dai balconi degli appartamenti. Un’usanza nata con lo scopo di “arrifriscari l’anima e morticeddi”, ossia rinfrescare l’anima dei defunti. Perchè proprio il 14 agosto? Perchè la vigilia di Ferragosto corrisponde con quella della ricorrenza religiosa dell’Assunzione di Maria in cielo.
A raccontare questo curioso rito è un interessante post sul gruppo Facebook “Sicilia terra magica” pubblicato da una cittadina di Augusta: «Lo facevano i bisnonni, i nonni e poi anche i genitori – scrive Marianna Aiello – . Come ogni anno il 14 agosto, al suono delle campane delle chiese cittadine a mezzogiorno in punto, ad Augusta (nel Siracusano) si rinnova il rito delle secchiate d’acqua.
Lanciate dai balconi o davanti agli usci delle case mentre si recitano le parole magiche «Pararisu arrifriscu (paradiso rinfresco)» oppure «arrisfriscamuci l’anima e motticeddi (rinfreschiamo l’anima dei morticini)».
La consuetudine religiosa di buttare dell’acqua nelle vie e negli usci delle case ha lo scopo di dare un po’ di rifrigerio alle anime del Purgatorio, nel bel mezzo del clima estivo, di felicità e spensieratezza, c’è una parentesi di commozione collettiva dovuta al fatto che da secoli insiste tra gli abitanti del paese un’usanza che fino ad oggi in effetti è rilevata solo in questa città.
Tra folklore e religione, il rito dell’acqua non viene mai vissuto come uno spreco, ma come un gesto quasi sacro.
Così a metà estate, la vigilia dell’Assunta, gli Augustani ancora oggi rendono omaggio ai propri cari defunti… perpetuando questo rituale che seppur non istituito ufficialmente da nessuna parte è ancora vivo, frutto di una memoria o forse di un amore che supera i confini dello spazio e del tempo».