L’Italia si è trasformata in un gigantesco tribunale di rito rapidissimo che emette decine di sentenze al giorno. C’è un giudice ovunque, e quel giudice siamo tutti noi. Quotidianamente siamo chiamati a esprimere valutazioni o addirittura voti su concorrenti di reality, cantanti di Sanremo, calciatori, aspiranti cuochi, casi giudiziari. Paolo Legrenzi, professore emerito di psiclogia a Ca’ Foscari, su questo tema ha scritto un libro in uscita da Cortina, ‘Sei esercizi facili’, in cui prova a spiegare come esprimere correttamente una valutazione attraverso i punteggi. “I punteggi come valutazioni di prestazioni sono stati inventati a Oxford all’Examination Hall. Poi sono stati utilizzati negli Usa per classificare i soldati da arruolare nella prima Guerra Mondiale, e quindi via via in altri ambiti. Il curioso è che da noi i punteggi sono scomparsi dagli ambiti seri, per esempio dalla scuola, sostituiti con giudizi di valutazione, cioè di qualità, e si sono invece traslati con modalità anche molto rigide in ambiti frivoli, come lo show televisivo o il calcio. La valutazione oggettiva insomma non si fa più per le cose serie come l’istruzione o la guerra, ma per cose futili come il gioco. A nessuno piace essere giudicato con un voto a tutti invece piace esprimere il proprio giudizio, anche se non si intende della materia trattata. Mia moglie, per esempio, con il telecomando esprime un giudizio su Tevez senza capire niente di calcio. Escono così dei punteggi del tutto aleatori, perché ormai nessuno è più esperto di niente, e tutti lo sono di tutto”. L’opinione ormai è una massa magmatica, siamo tutti sulla stessa piattaforma. Non ci sono più i giornalisti autorevoli di una volta che parlavano per tutti, ci sono i youtuber, i blogger. C’è più offerta di opinioni che non domanda. Poi restano le agenzie di opinioni, cioè i bar, i locali pubblici. Non per nulla la mafia o la ’ndrangheta acquista i bar o le squadre di calcio: per controllare il territorio, educare, condizionare, influenzare l’opinione.
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