LÕaula di Palazzo Madama durante la discussione in Senato sul decreto Green Pass, Roma, 15 settembre 2021. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Senato, disegno di legge sul premierato in Aula l’8 maggio

Il premierato approderà nell’Aula al Senato l’8 maggio. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. Il voto è atteso per il 21 maggio. “Esprimiamo soddisfazione e ringrazio il presidente La Russa  che ha cercato una mediazione che accontentasse le opposizioni, abbiamo cercato di andargli incontro ma non si poteva rinviare l’esame in aula all’infinito”, ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, facendo riferimento alle polemica sulla tempistica sollevate dall’opposizione. Le opposizioni hanno già annunciato battaglia, dichiarando che presenteranno anche le pregiudiziali di costituzionalità.

“Non abbiamo messo nessun limite alla discussione anche in Aula. Pensiamo – ha spiegato Ciriani – di poter andare avanti. Martedì si voterà il calendario, ma il nostro intendimento è quello di andare avanti, con calma e rispettando tutti, con tutte le procedure previste e con tutti gli strumenti che il Regolamento consente alle opposizioni di utilizzare, ma di andare avanti’’

“Intanto è calendarizzato l’esame per l’8 maggio, tornerà martedì e mercoledì, si incrocerà con il dl Superbonus ma intanto parte e per noi è significativo e importante”, ha proseguito il ministro, che ha assicurato che non vi sarà alcun contingentamento dei tempi. “Non c’è questa volontà”. Poi, rispondendo a una domanda dei cronisti sulla possibilità che il premierato sia approvato prima delle europee, Ciriani ha spiegato che questo è l’auspicio: “Noi lo speriamo”.

La riforma del premierato con l’annesso potere di scioglimento delle Camere si è reso necessario «per dare stabilità ai governi italiani, per porre fine a giochi di Palazzo, ribaltoni e governi tecnici e per ridare ai cittadini quella centralità non mantenuta nelle legislature precedenti, per giochi politici improbabili». Queste le parole della ministra per le Riforme Istituzionali, Elisabetta Casellati, rispondendo alle domande di Bruno Vespa per 5 Minuti su Rai1.

«Mi auguro che sia davvero e finalmente la settimana prossima lo sbarco alle Camere della riforma del premierato. Dico finalmente, perché parliamo di 5 mesi di lavoro in Commissione per la riforma di 4 articoli, più di 60 sedute, 2600 emendamenti». Numeri che fanno riflettere dato che «i padri Costituenti per costruire l’intera Costituzione impiegarono 18 mesi…».

Entrando nei contenuti della riforma, Casellati fa osservare che «il Capo dello Stato, il nostro organo di garanzia, mantiene tutte le prerogative anzi si aggiunge anche la revoca dei ministri, un potere in più». Così il Presidente italiano «ha più poteri di tutti rispetto agli omologhi in tutti gli altri sistemi parlamentari».

Certo «lo scioglimento delle Camere spetta prevalentemente al presidente del Consiglio ma il contrappeso sta in tutti questi poteri, con l’aggiunta anche delle controfirme, come per i giudici costituzionali, che non sono irrilevanti, non cosa da poco» ha precisato Casellati.

La riforma invece abolisce il ruolo dei senatori a vita, sempre con l’obiettivo «di dare il più possibile rappresentanza popolare a tutte le istituzioni» evidenzia la ministra.

La riforma del premierato si avvia così alla prima approvazione in Senato, ma già si moltiplicano gli appelli alla premier Giorgia Meloni affinché apra a delle modifiche dopo le elezioni europee di giugno. «Il sistema disegnato dal ministro Casellati ha un grosso baco al suo interno – spiega Antonio Polito nella sua rubrica Palomar – Quando bisognerà scrivere la legge elettorale, si indicherà una soglia minima di voti affinché scatti il premio in seggi, indispensabile per una maggioranza parlamentare». Due sentenze della Corte Costituzionale lo impongono. «Il punto – continua – è che nessuno sa che cosa succede se il vincitore delle elezioni non supera la soglia indicata nella legge. Il che è possibile è anche già successo più volte». Sono tre le possibili soluzioni, spiega Polito: «La prima è il ballottaggio tra i primi due arrivati, che la destra non vuole perché teme l’apatia dei suoi elettori al secondo turno. Nel secondo caso, non scatta il premio di maggioranza. Vige la legge elettorale precedente, quindi il premier non è eletto direttamente, ma viene scelto e votato in Parlamento, come accade adesso». «Nel terzo caso – aggiunge – si vota finché non si raggiunge e supera quella soglia elettorale che è una ricetta sicura per l’instabilità politica. Esattamente il male che la riforma voleva curare, insomma. Il progetto va cambiato alla Camera: meglio se in un dialogo con le opposizioni».

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